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C’era una volta: 7 versioni della fiaba di Biancaneve in giro per il mondo

Scopriamo le origini della storia di Biancaneve e sette diverse versioni di questa famosissima fiaba

“Una volta, in inverno inoltrato, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva seduta accanto a una finestra dalla cornice d’ebano. E, mentre cuciva e alzava gli occhi per guardare la neve, si punse un dito e tre gocce di sangue caddero nella neve. Il rosso era così bello su quel candore, che ella pensò fra se: “Avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno della finestra! .” Poco tempo dopo diede alla luce una bimba bianca come la neve, rossa come il sangue e con i capelli neri come l’ebano; e, per questo, fu chiamata Biancaneve.”

Questo è l’incipit di quella che è, insieme a Cenerentola, probabilmente la fiaba più famosa del mondo: Biancaneve. Per essere precisi questo è l’incipit tratto dalla versione della fiaba più famosa, quella dei sempre famigerati fratelli Grimm. Proprio da questa versione è stato tratto il primo classico di casa Disney, quello che ha dato inizio a tutta la magia dei classici Disney, la cosiddetta “follia di Walt”, un film che ha fatto letteralmente storia, non solo nel mondo dell’animazione, ma anche nel mondo del cinema in generale: “Biancaneve e i sette nani” dell’ormai lontano 1937.

Oggi, quindi, come avrete intuito, riprendo quella che è forse la mia rubrica preferita del blog: “C’era una volta”.

Per chi non lo sapesse, in questa rubrica analizzo, non solo, la fiaba a cui il classico Disney si ispira, ma vado a rispolverare anche altre versioni della stessa fiaba in giro per il mondo. Ogni fiaba, infatti, spesso, ha una miriade di versioni diverse e quella a cui si ispira il classico è solo una in un mare di varianti. Un esempio lampante è quella di Cenerentola, di cui vi ho parlato nel primo articolo della rubrica, che potete trovare qui, o quella di “Aladdin”, che ho analizzato qui; “La bella e la bestia”, che trovate qui; la “La bella addormentata”, che trovate qui; e la più recente di tutte, “Rapunzel”, che trovate qui

Come per i casi appena citati, anche Biancaneve ha la sua buona dose di varianti e, anzi, è una di quelle che, insieme a Cenerentola, probabilmente, ha il numero maggiore di versioni diverse in giro per il mondo. Anche lei, come molte altre, ha radici antiche e a tratti sconosciute e difficili da decifrare. Fatto sta che è stata una delle più affascinanti da studiare! 

Ciò, detto, quindi, inoltriamoci nel bosco e dirigiamoci canticchiando verso la casetta dei sette nani! 

Le origini di Biancaneve

Prima di procedere con l’elenco delle versioni qui raccolte, nel caso di Biancaneve è d’obbligo fare una piccola premessa per ciò che riguarda le sue origini.

Gli studiosi del folclore, infatti, hanno opinioni molto varie per ciò che riguarda le origini della fiaba di Biancaneve. Su una cosa sono quasi tutti d’accordo ed è che l’origine della versione della fiaba più recente, e per come noi la conosciamo, sia quella di un altro autore famigerato: ossia Giambattista Basile, risalente al ‘600, e che vi riporterò a breve. Secondo altri studi, però, la storia della fanciulla perseguitata e avvelenata avrebbe radici ancora più antiche da ricercarsi; manco a dirlo, negli antichi miti greco-romani e nel mito di Chione, raccontato all’interno del poema epico “Le metamorfosi” dell’autore romano Ovidio. Secondo questo mito Chione era figlia di un valoroso re, Dedalione, ed era così bella che di lei si innamorarono sia Apollo che Hermes. Entrambi decisero di possederla e fu così che Hermes, attraverso un incantesimo, la fece cadere addormentata e la violentò nel sonno; mentre Apollo le fece visita quella stessa notte travestito da vecchia. Come risultato la giovane rimase incinta di due gemelli, uno figlio di Hermes e l’altro di Apollo. A questo punto, però, fece il grave errore di iniziare a vantarsi di essere più bella della dea Artemide, avendo ricevuto “le attenzioni” di ben due divinità. La dea, infuriata, decise di punirla per la sua superbia e la uccise trafiggendole la lingua con una freccia (alla faccia della mela avvelenata). A questo punto suo padre Dedalione, pazzo di dolore, in perfetto stile Denethor, decise di uccidersi prima provando a gettarsi sulla pira al funerale della figlia, poi lanciandosi in una corsa disperata verso la cima del monte Parnaso da cui si lanciò. Apollo, però, avendo pietà di lui, lo trasformò in un uccello (secondo alcuni un falco, secondo altri uno sparviero), prima che toccasse terra. 

Altri studiosi ancora hanno affermato, però, che le radici di Biancaneve vadano ricercate addirittura all’interno di storie di persone realmente esistite. È il caso delle storie di Margherita di Waldeck e di Maria Sophia Margaretha Catherina von Erthal. 

La prima era una una contessa tedesca che visse nella prima metà del ‘500. Era figlia di Filippo IV, conte di Waldeck-Wildungen, e della sua prima moglie. Secondo alcuni storici è probabile che la sua vita possa aver contribuito ad influenzare la storia di Biancaneve. La sua storia è un misto di fonti e leggenda: pare che Margherita fosse una fanciulla incredibilmente bella e, quando sua madre morì e il padre si risposò, la sua matrigna, Katharina Von Harzfeld, pare che non sopportasse i figli che il marito aveva avuto dalla precedente moglie e, in particolare, proprio Margherita che, quando aveva 16 anni, venne mandata alla corte reale di Bruxelles, dove la sua bellezza colpì molto l’attenzione di Filippo II di Spagna. Questa potenziale unione, però, non andò a buon fine perché Margherita morì all’età di 21 anni per una misteriosa malattia, secondo alcuni venne avvelenata. 

La seconda donna che, secondo gli storici, potrebbe aver ispirato la storia di Biancaneve e in particolare proprio la storia dei Grimm, era la figlia dell’ambasciatore Philipp Christoph von Erthal, e visse nel ‘700. Secondo la storia pare che Maria Sophia fosse davvero bella e gentile e, anche nel suo caso, quando sua madre morì il padre si risposò con una donna, Claudia Elisabeth von Reichesnstein che, a detta di tutti, non amava per nulla la figliastra. Ci sono vari altri vari parallelismi che collegano la storia di Maria Sophia a quella di Biancaneve ma, per non andare troppo per le lunghe, mi riprometto di parlarvene più approfonditamente in un altro articolo. 

Per ora vi basti sapere che quelle appena riportate sono, secondo gli studiosi, le origini più probabili della storia di Biancaneve, per quanto non potremo mai sapere nulla con certezza. 

1 – La schiavotta di Giambattista Basile

lo cunto de li cunti basile
Frontespizio dell’opera di Basile – p.d.

La prima fiaba da analizzare è “La schiavotta”, contenuta nell’opera “Lo cunto de li cunti”, pubblicata da Basile tra il 1634 e il 1636. Questa versione, per quanto sia considerata una delle “prime” fra le versioni più “moderne”, in realtà, nel leggerla, vi accorgerete che è un misto fra “Biancaneve” e “La bella addormentata”, con un leggerissimo pizzico tratto da “La bella e la bestia”. 

La Biancaneve di questa versione si chiama Lisa ed è figlia di una giovane di nome Lilla, a sua volta figlia del barone di Selvascura. Lilla, mentre gioca con le sue amiche a saltare una rosa senza toccarla, mangia uno dei petali della rosa e, dopo tre giorni, si accorge che la pancia le si sta ingrossando. A quel punto delle fate sue amiche le dicono che è stato il petalo della rosa a farla restare incinta. Da questo strano concepimento nasce appunto Lisa che, inizialmente, in perfetto stile Aurora, viene mandata dalle fate perché queste possano farle dei doni. Manco a dirlo una di loro, nell’avvicinarsi alla fanciulla, si sloga un piede e, per dispetto, la maledice: a sette anni morirà perché la madre dimenticherà il pettine tra i capelli. Quando la maledizione si avvera Lilla fa mettere Lisa dentro sette bare di cristallo e la rinchiude in una camera del palazzo. Poco tempo dopo, prima di morire, lascia le chiavi della stanza dove giace la figlia nelle mani del fratello, raccomandandogli di custodirle e di non andare mai a vedere cosa c’è nella stanza (a pensarci bene c’è anche un pizzico di Barbablù in questa Biancaneve).

L’anno successivo il giovane barone si sposa e, dopo qualche anno, un giorno in cui decide di andare a caccia, consegna alla moglie le chiavi della stanza dove giace Lisa e la raccomanda di non aprire mai la stanza. Anche in questo caso, la baronessa se ne infischia, apre la stanza, trova Lisa, che nel frattempo è cresciuta dentro le bare, e credendo che la ragazza sia l’amante del marito le tira i capelli, le fa cadere il pettine e la ragazza si risveglia. A questo punto la povera Lisa, appena sveglia, viene malmenata dalla baronessa che la veste di stracci, le taglia i capelli e quando il marito torna e chiede chi sia la ragazza, lei gli risponde che è una schiava mandatale da una zia. La storia prosegue con il barone che, prima di andare ad una fiera (in perfetto stile Maurice), chiede a tutti gli abitanti della casa se vogliono un dono al suo ritorno e Lisa chiede una bambola, un coltello e una pietra pomice. A queso punto la storia prosegue con varie vicende e, se volete conoscerla per intero, vi rimando a questo sito dove la trovate a pagina 185. 

2 – La Biancaneve malese – il Syair Bidasari

Un’altra versione molto antica di Biancaneve, antecedente a quella dei fratelli Grimm, proviene dall’Asia e si trova all’interno di un poema malese molto famoso in tutto il sud-est asiatico: il Syair Bidasari. Non si conosce l’autore del poema, ma si pensa possa essere stato scritto intorno alla metà del ‘700. 

La Biancaneve di questa versione è figlia di un re e di sua moglie che, un po’ in stile Gesù, un po’ in stile Mosè, mentre fuggono da un attacco sono costretti a lasciare la loro figlia appena nata su una barca in riva ad un fiume. Qui la giovane viene trovata da un mercante che la alleva come sua e la chiama Bidasari. Lui e la moglie, però, decidono di mettere l’anima della ragazza all’interno di un pesciolino nascosto in una bara in uno stagno del loro giardino (che fantasia). A questo punto la giovane bimba crescendo diventa una ragazza stupenda. La matrigna, in questa versione, non è una “matrigna”, bensì la moglie del sultano di Indrapura, tale Lila Sari che, preoccupata di essere sostituita come moglie preferita del sultano, manda quattro servi (che in questa versione sostituiscono lo specchio) a cercare una ragazza più bella di lei. Quando i servi trovano Bidasari convivono i genitori a lasciarla andare con loro e quando la regina si trova al cospetto dalla ragazza la picchia e la fa prigioniera. La regina vuole ucciderla e Bildasari, scoraggiata e credendo di essere stata abbandonata dai genitori adottivi, lw racconta del pesce che contiene la sua anima e le dice anche che se rimuoverà il pesce dall’acqua (che fa le veci della mela avvelenata) durante il giorno, Bidasari morirà. La regina, quindi, fa rubare il pesce e lo indossa intorno al collo, provocando la morte di Bidasari. A questo punto la storia continua fra alterne e lunghe vicende, ma vi basti sapere che alla fine Bidasari riesce a sposare il sultano e a ricongiungersi con i suoi veri genitori. Se volete leggere la storia per intero potete farlo a questo link qui, in inglese, a pagina 27.

3 – Biancaneve dei fratelli Grimm

Versioni fiaba Biancaneve
Illustrazione di Biancaneve – p.d.

La versione dei fratelli Grimm è sicuramente la più famosa in assoluto e quella a cui il classico Disney si ispira. Venne pubblicata per la prima volta nella raccolta “Le fiabe del focolare” tra il 1812 e il 1815.
In questa versione ritroviamo tutti gli elementi tradizionali, la regina che si punge il dito mentre nevica e desidera una bimba bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano; la matrigna malvagia che interroga lo specchio; il cacciatore, i sette nani e così via. Le differenze rispetto al classico sono, grosso modo, queste: nella fiaba la regina chiede al cacciatore di portarle i polmoni e il fegato in modo che lei possa mangiarli con sale e pepe; nel film Grimilde, più elegantemente, si limita a chiedere il cuore. Nella fiaba, poi, la regina tenta di uccidere Biancaneve tre volte; prima travestendosi da venditrice ambulante di corsetti; poi da venditrice di pettini, e infine da venditrice di mele. Quindi la prima volta prova ad ucciderla facendole vestire un corsetto troppo stretto; ma i nani quando tornano lo tolgono e la salvano. La seconda volta prova con un pettine avvelenato; ma anche in questo caso Biancaneve viene salvata dai nani. La terza è la volta buona con la mela avvelenata. A questo punto, quindi, Biancaneve viene messa in una bara di vetro e un principe di passaggio, innamoratosi di lei, decide di portare la bara con se. Ordina ai servi di prendere la bara ma uno di questi, mentre porta la bara, inciampa e il pezzo di mela avvelenata esce dalla gola di Biancaneve, che quindi si sveglia (in barba al bacio, anche nell’800 erano politicamente corretti). Per finire in bellezza Biancaneve e il principe si sposano, invitano la matrigna alle nozze, e in un perfetto twist sadico la costringono a danzare indossando due sandali arroventati. Di modo che questa muore tra atroci dolori e urla. Altro che legge del taglione. Se volete leggerla per intero vi rimando a questo sito qui

4 – La Bella Venezia 

Un’altra variante interessante di cui parlare, di origini italiane, è “La Bella Venezia”, di origine abruzzese e raccolta da Italo Calvino nella sua opera “Fiabe italiane”. 

In questa versione la giovane fanciulla sfortunata è figlia di una locandiera che si chiama, come da titolo, la Bella Venenzia e che interpreta la parte dell’antagonista che vuole la figlia morta perché gelosa della sua bellezza. Il ruolo dello specchio è affidato ai clienti del suo locale. La donna, infatti, ad ognuno dei suoi clienti chiede se hanno mai visto una donna più bella di lei. A tutti coloro che rispondono di no, fa uno sconto sul prezzo. Questo finché un giorno uno dei clienti, vedendo passare la figlia della donna, risponde che la giovane è più bella della madre e questa, gelosa, la fa rinchiudere da un servo in una casupola in riva al mare. Un giorno, però, un forestiero a cavallo passando di lì la vede e resta sorpreso dalla sua bellezza. Quella stessa sera, fermandosi alla locanda della Bella Venezia, alla domanda fatidica risponde che si, ha visto una fanciulla più bella proprio quel giorno in riva al mare. La madre, a quel punto, ancor più sadicamente della regina dei Grimm, dice al suo servo che lo sposerà se porterà la figlia nel bosco, la ucciderà e le porterà gli occhi e una bottiglia piena del sangue della fanciulla. Il servo, che fa le veci del cacciatore, non se la sente di fare una cosa del genere (e vorrei vedere), abbandona la ragazza nel bosco e alla sua padrona porta gli occhi e il sangue di un agnello. 

A questo punto la storia continua con una piccola parentesi in stile Ali Babà e i quaranta ladroni che vi lascio scoprire da soli. La ragazza infatti viene accolta, dopo alterne vicende, da 12 ladroni, che fanno le veci dei nani. Quando però la madre scopre che è ancora viva, manda una vecchia strega ad ucciderla e questa ci riesce conficcandole uno spillone in testa. I ladroni, trovandola morta, la seppelliscono in un tronco cavo, dove viene trovata da un principe che se ne innamora e la porta con se. La fanciulla, però, non viene risvegliata da lui, bensì dal parrucchiere di corte che viene incaricato dalla regina, la madre del principe, di pettinarla. Questi le leva lo spillone e la ragazza si sveglia. Se volete leggere la storia per intero vi rimando a questo sito qui, la trovate a a pagina 228. 

5 – Gold Tree and Silver Tree

Versioni fiaba Biancaneve
Illustrazione della fiaba – p.d.

Un’altra versione interessante di cui parlare ci porta in Scozia e ha per titolo “Gold Tree and Silver Tree”. Si tratta di una fiaba scozzese, raccolta dallo studioso del folclore Joseph Jacobs, nella sua opera “Fiabe celtiche”. 

La Biancaneve di questa versione si chiama Gold Tree ed è figlia di un re e di una regina di nome Silver Tree (che fa la parte dell’antagonista). Un giorno mentre Silver Tree e Gold Tree passeggiano vicino ad uno stagno trovano una trota (che in questa versione fa le veci dello specchio magico) a cui la regina chiede chi è la più bella secondo lei. La trota le risponde che la più bella è sua figlia. La madre, gelosa, si finge malata e afferma di poter guarire solo mangiando il cuore e il fegato della figlia (tutte cannibali queste regine). A quel punto il padre decide di far sposare la figlia, in segreto, con un principe che ne aveva chiesto la mano, e la manda via dal castello insieme a lui, mentre alla moglie da il cuore e il fegato di un caprone. 

La donna, però, un giorno chiede nuovamente alla trota chi è la più bella e la trota risponde che è Gold Tree e svela a Silver Tree dove si trova. Quindi la regina decide di raggiungerla con una delle navi del marito, un giorno in cui il principe è assente, e la fanciulla, vedendo la nave arrivare, impaurita, si fa rinchiudere in una stanza dai suoi servi. Silver Tree, però, la convince ad infilare il dito mignolo nel buco della serratura, fingendo di volerlo baciare, e quando Gold Tree accetta, la donna vi conficca una spina avvelenata provocandone la morte. Quando il principe torna, addolorato, la fa rinchiudere in una stanza e ne conserva la chiave. Quindi si risposa con un’altra donna. A questo punto la storia continua in un modo simile a quella di Basile, con l’aggiunta di tutta una serie di alterne vicende. Se volete leggerla per intero vi rimando a questo sito qui dove la trovate in inglese. 

6 – La crudele matrigna

Frontespizio dell’opera di De Gubernatis – p.d.

Tornando in Italia, un’altra versione interessante è quella raccolta dall’etnologo, linguista e storico della letteratura Angelo De Gubernatis, nel sua raccolta “Le novelline di Santo Stefano”, pubblicato nel 1869. 

In questa versione la giovane Biancaneve si chiama Caterina ed è figlia di un re che, rimasto vedovo, decide di riprendere moglie. Tocca sottolineare che il re, in questa versione, sembra “leggermente” meno stupido, perché prende moglie mal volentieri e si rende conto, suo malgrado, che la sua nuova moglie non è proprio una santa. La prova ne è il fatto che, dovendo un giorno partire per un viaggio lungo sei mesi, prima di andarsene raccomanda la figlia di stare attenta alle insidie della matrigna. Quest’ultima, infatti, fin da quando mette piede nella reggia, subito inizia a provare invidia per Caterina. Ad ogni modo, in questa versione, le cose precipitano proprio mentre il re è via per il suo viaggio. A fare le veci dello specchio magico, in questo caso, ci pensano un gruppo di persone. Un giorno, infatti, mentre Caterina e la matrigna sono di ritorno dalla chiesa, sentono un gruppo di gente notare che la matrigna è bella, ma che la giovane figliastra è decisamente più bella di lei. A questo punto la matrigna, pazza d’invidia, decide di far fuori la giovane e assolda due sicari ordinando loro di portarla nel bosco, farla fuori, cavarle gli occhi, tagliarle la lingua, spogliarla delle vesti e poi portare il tutto a lei come prova dell’omicidio compiuto. Ovviamente, anche in questo caso, i due sicari si lasciano intenerire dalla fanciulla e al posto degli occhi e della lingua di Caterina decidono di portare alla matrigna gli occhi e la lingua di un agnello. Poi fanno spogliare delle vesti la ragazza, per portare anche quelle alla matrigna come prova, e raccomandano Caterina a Dio suggerendole di fuggire. Tocca notare che, in questa versione, la matrigna fa fuori i due sicari per timore che questi poi, un giorno, possano testimoniare contro i suoi misfatti. Insomma, un thriller in piena regola, altro che fiaba. Caterina, intanto, arriva presso una casupola in riva al mare e qui viene accolta da una buona e piccola vecchia che, in questa versione, fa le veci dei nani. La vecchia le raccomanda di stare attenta e non uscire di casa ma un giorno, mentre Caterina è alla finestra, viene riconosciuta da alcuni passanti e la matrigna viene a sapere che è ancora viva. Manda quindi a farla fuori un strega, che riesce nel suo intento dandole in mano un mazzo di fiori e cingendole il collo con una ghirlanda, che in questo caso fanno le veci della mela avvelenata. La vecchia, quando torna e trova Caterina morta, la mette in una cassa di ferro, accende intorno lei quattro lumi e abbandona la casa. 

A questo punto entra in scena un giovane re che, mentre è a caccia nei paraggi con i suoi compagni, scopre la casa, vi entra, trova la giovane e se ne innamora. Porta quindi la bara presso il suo palazzo e qui si rinchiude con lei nella stanza pregando giorno e notte. La madre del re, preoccupata, un giorno prova a convincere il re a lasciare che siano le guardie a controllare la stanza mentre lui è via. Il re, per una volta, si lascia convincere ma, a questo punto, la madre e le sue damigelle, prese dalla curiosità, forzano l’uscio entrano, tolgono la ghirlanda dal collo e il mazzo di fiori dalle mani di Caterina e questa si risveglia. Ovviamente il re e Caterina decidono di sposarsi ma la storia non finisce qui perché il re, venuto a sapere delle vicende della fanciulla, decide di dare una lezione alla matrigna cattiva. Invita quindi tutti a palazzo con una scusa e, dopo una serie di vicende, fa mettere al rogo la crudele matrigna. Se volete leggere la storia per intero la trovate qui a pagina 32

7 – Les Bas Enchantés 

Frontespizio dell’opera di Sébillot – p.d.

Altra versione particolare arriva dalla Francia, con il titolo “Les Bas Enchantés”, e fu raccolta dal folclorista, artista ed etnologo francese Paul Sébillot, che la inserì nella sua raccolta “Contes de la Haute – Bretagne”, pubblicato verso la fine dell’800. 

In questa versione ad attentare alla vita della giovane non è una matrigna ma la madre biologica. Il racconto inizia proprio con le due che, mentre sono affacciate al balcone, vengono viste da alcuni soldati, che in questa versione fanno le veci dello specchio. Questi, infatti, quando vedono le due donne, commentano dicendo che la figlia è più bella della madre e la regina, pazza di gelosia, ordina a due servi di portarla nella foresta e farla fuori. I servi, però, anche in questo caso si inteneriscono e la lasciano andare. La giovane, dopo aver vagato vari giorni nella foresta, arriva presso un castello immerso in una radura e, un po’ in stile Maurice, decide di entrare per cercare cibo e riparo. Nel castello vivono tre fratelli e, dopo una serie di vicende, quando scoprono la presenza della giovane nella loro dimora, promettono di non farle del male e di tenerla con se come fosse una loro sorella. Tuttavia, mentre un giorno la principessa è sola, arriva al castello una vecchia mendicante che la riconosce e corre ad avvertire la regina. Quest’ultima, venuta a sapere che la figlia è ancora viva, da alla mendicante delle calze incantate, che in questa versione fanno le veci della mela, e le ordina di portarle come regalo alla principessa, dicendole però di non rivelare alla giovane chi gliele ha mandate. Ovviamente, manco a dirlo, appena la giovane le indossa, cade a terra svenuta e quando i tre fratelli tornano, credendola morta, la fanno mettere in una bara di vetro e, dovendo partire per una guerra e non volendo lasciarla sola e incustodita nel castello, pensano bene di posizionare la bara in cima ad un albero. A questo punto entra in scena un cacciatore, che in questo caso fa le veci del principe azzurro. Questi, passando per più giorni sotto l’albero, notando uno scintillio fra i rami, decide di salire a vedere da cosa è provocato e, scoperta la bara di vetro con la principessa, decide di portarla a casa sua, dove vive con tre sorelle. Qui, un giorno, mentre la più piccola delle tre sorelle è intenta a giocare con il corpo della principessa, le toglie le calze facendola risvegliare. Ovviamente la principessa e il cacciatore alla fine si sposano. Se volete leggere la fiaba per intero la trovate qui, in francese, a pagina 146, oppure qui, in spagnolo. 

Detto questo siamo giunti, per ora, alla fine di questo breve excursus, ma mi riprometto di ampliare la lista prossimamente con altre versioni interessanti e particolari! 

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