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Jane Foster e la storia delle donne astronome

Prima di diventare la potente Thor, Jane Foster aveva un lavoro altrettanto affascinante e altrettanto importante: era un’astrofisica. Proprio grazie al suo lavoro ha avuto la possibilità di conoscere Thor e quindi altri mondi, perché le stelle e l’Universo celano incredibili misteri ancora da svelare.

Perciò di questo oggi andremo a parlare, delle donne astronome, e quindi astrofisiche, nella storia. Lo spunto per questo argomento mi è venuto grazie alla mostra attualmente in corso alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dal titolo “Donne del Cielo: da muse a scienziate”, tenuta in collaborazione con il Museo Galileo, in cui sono presentate opere scientifiche, letterarie e cartografiche, in cui si possono trovare le associazioni tra donne e sfere celesti, anche dal punto di vista astronomico.

Perciò, andiamo a conoscere insieme a Jane Foster e ovviamente Darcy Lewis (a cui tutti ci siamo sentiti vicini per quei sudatissimi sei CFU), le donne che hanno fatto la storia dell’astronomia!

Le Muse

Bisogna innanzitutto dire che, nella cultura greco-romana di nostra tradizione, la divinità preposta all’astronomia è femminile. Si tratta di Urania, una delle nove Muse patrone delle Arti, figlie di Zeus e Mnemosine, la titanide della Memoria, con cui il signore dell’Olimpo giacque per nove notti generando così le nove divinità.

Le Muse, dispensatrici di serenità e letizia con il loro canto, erano guidate da Apollo, il dio più perfetto dell’Olimpo, che in questa accezione prende quindi l’epiteto di Musagete, e abitavano il monte Elicona in Beozia. Un’altra tradizione identifica invece le Muse in Tracia, dette Pierie, accostandole al mito di Orfeo e ai suoi misteri.

Urania

Urania quindi è la Musa dell’Astronomia e della Geometria e il suo nome deriva, non a caso, da Ouranos, il Cielo.

Delle nove sorelle, Urania è quella più facilmente distinguibile, in quanto i suoi attributi non sono intercambiabili con quelli delle altre Muse. Solitamente viene rappresentata come una donna dalla veste azzurra (ortostadia, una tunica dritta), con il capo coronato di stelle e in mano un globo, rappresentazione della sfera celeste, e una verga detta radius.

A lei vengono attribuiti solo amori casti e non sensuali, essendo talvolta rappresentata con il piede su una testuggine, simbolo del ritiro e del silenzio. Catullo le attribuisce la maternità di Imeneo, la personificazione del canto per le nozze, mentre Igino, dalla sua unione con Apollo, la ritiene madre del cantore Lino.

Bisogna tuttavia aggiungere che, nella mitologia greco-romana, come Urania viene identificata anche Afrodite, nata appunto dai genitali di Urano gettati nel mare da Crono.

COPYRIGHT @1996 National Gallery of Art, Washington // 1961.9.61

Ipazia

Dalla mitologia passiamo quindi alla storia greco-romana. Non conosciamo molti nomi di donne astronome durante l’antichità, anche se dovevano esserci, ma sicuramente l’esempio di Ipazia basta da solo a compensare questa lacuna.

Ipazia, figlia del geometra Teone, nacque ad Alessandria d’Egitto in una data imprecisata, ma che potrebbe collocarsi intorno al 350/60 d.C. Allieva del padre, ben presto «ella divenne migliore del maestro, particolarmente nell’astronomia e che, infine, sia stata ella stessa maestra di molti nelle scienze matematiche» (Filostorgio, Historia Ecclesiastica, VIII, 9) e già dal 393 era a capo della scuola alessandrina, insegnando matematica, filosofia e astronomia. Ma particolarità di Ipazia era che non insegnava soltanto all’interno della scuola, ma a chiunque volesse da lei apprendere, tanto che spesso si fermava a spiegare per le strade stesse di Alessandria.

Le fonti antiche le attribuiscono diversi commentari e forse anche un Canone Astronomico che purtroppo non ci sono però pervenuti.

Di Jules Maurice Gaspard – Elbert Hubbard, “Hypatia”, in Little Journeys to the Homes of Great Teachers, v.23 #4, East Aurora, New York : The Roycrofters, 1908 (375 p. 2 v. ports. 21 cm), Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3156846

La morte di Ipazia

Tuttavia, mentre Ipazia insegnava la libertà di pensiero e la cultura greca per le strade di Alessandria, in contemporanea i cristiani si affannavano per distruggere quella stessa cultura.

Tra il 391 e il 392, l’Imperatore Teodosio emanò dei decreti per l’abolizione dei culti pagani e dei sacrifici agli dei, l’azione dei vescovi alessandrini fu particolarmente dura e molti templi vennero abbattuti o riconvertiti in chiese. Nel 412 d.C. divenne vescovo di Alessandria Cirillo, definibile stringatamente come un fanatico cattolico, che entrò in conflitto con il prefetto di Alessandria, Oreste, conoscente di Ipazia. Fu durante il conflitto tra i due, che era soprattutto un conflitto dei cristiani contro i pagani, che, nel marzo 415, Ipazia venne assassinata da una folla di cristiani che la rapì mentre tornava a casa. La portarono in una chiesa, denudandola prima di lapidarla. Così morì l’ultima grande filosofa della tradizione greco-romana.

Sull’importanza che ha avuto e ha tuttora Ipazia si possono scrivere trattati, ma qui ci fermiamo, per proseguire il nostro percorso temporale.

Epoca moderna

Come ben dimostra la morte di Ipazia, le donne poi non dovevano assolutamente azzardarsi a pensare e, se lo facevano, erano considerate streghe e condannate a morte. Non è un caso quindi che esempi di scienziate donne di un certo rilievo e spessore culturale nel Medioevo siano pressoché impossibili da rintracciare.

Nel Rinascimento, con la riscoperta della cultura classica, cominciò il dibattito sulla “questione femminile”, al punto tale che vennero create delle opere per difendere la dignità delle donne, mentre nelle corti molte nobildonne cominciavano a interessarsi, e a renderlo noto, alle “astronomiche scientiae”.

Alcune di esse pertanto riuscirono a fare vera e propria ricerca, come ad esempio, tra XVI e XVII sec., Margherita Sarrocchi (1560-1617). Grazie all’uso di un telescopio poté constatare e confermare la veridicità delle scoperte compiute da Galileo sui satelliti di Giove.

Un altro importante caso è quello dell’astronoma Maria Clara Eimmart (1676-1707) che ha rappresentato il volto della Luna su splendide tavole, grazie alle osservazioni da lei effettuate.

Nei secoli XVIII-XX

Nonostante lo scorrere dei secoli, le donne astronome continuano a rimanere casi abbastanza isolati, tra cui però possiamo ricordare le sorelle Mafredi, Caterina Scarpellini, Émilie du Châtelet e Nicole-Reine Lepaute.

In Inghilterra solo due donne vennero ammesse tra i membri della Royal Astronomical Society e furono Mary Sommerville (1780-1872) e Caroline Herschel (1750-1848), cui si deve la scoperta di sei comete.

Nell’Ottocento le donne scienziate vengono considerate semplice manodopera e, presso l’Università di Harvard, definite “donne-computer”.

Tuttavia, queste donne buone solo a fare calcoli, fecero scoperte impressionanti, come ad esempio Annie Cannon (1863-1941), che classificò 350.000 stelle e scoprendone quasi un centinaio.

Henrietta Leavitt

Infine, non possiamo non concludere il nostro excursus senza parlare di Henrietta Leavitt (1868-1921), unica donna ad aver dato nome a una legge della fisica. Assunta come una delle “semplici” donne-computer di Harvard, Henrietta, catalogando le immagini fotografiche dell’Osservatorio, notò un’innumerevole quantità di stelle variabili nelle Nubi di Magellano e nel 1908 pubblicò i risultati di queste sue osservazioni, sottolineando che alcune di queste stelle mostravano delle regolarità. Oggi queste stelle vengono definite cefeidi e presentano una relazione tra periodo e luminosità, pertanto, grazie al ritmo delle loro pulsazioni, diventa possibile calcolare la distanza tra la Terra e le galassie.

Di Sconosciuto – From here, see also [1].https://lccn.loc.gov/05025712 Popular Astronomy, v. 30, no. 4, April 1922.https://blogs.loc.gov/inside_adams/2019/12/henriettaleavitt/, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1491349

Conclusioni

Terminiamo il nostro articolo agli inizi del Novecento, perché in seguito le donne scienziate e le scoperte da loro effettuate sono state molte e non avremmo modo di parlarne adeguatamente in un solo articolo (sono certa che il nome di Margherita Hack vi sia subito balzato in mente).

Sebbene non sia un aspetto preponderante di Jane Foster e Darcy Lewis, il fatto che la Marvel abbia fatto di loro delle astronome di talento è comunque un dettaglio, se non importante, quantomeno apprezzabile.

Infine, se volete visitare la mostra alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ricordo che è aperta fino all’8 giugno e l’ingresso è da via Magliabechi 2.

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Fonti

https://www.livescience.com/14235-portman-role-thor-highlights-rise-women-astronomy.html

http://www.bo.astro.it/~biblio/Vultus-Uraniae/index.html

https://mostre2.museogalileo.it/donne-del-cielo/it/?_gl=1*t3sjya*_ga*NTc1OTM2NjcwLjE3MTQwNDA5NDI.*_ga_MR6699DG9Z*MTcxNDA0MDk0Mi4xLjAuMTcxNDA0MDk0Mi4wLjAuMA..*_ga_PRQC9DQEDW*MTcxNDA0MDk0Mi4xLjAuMTcxNDA0MDk0Mi4wLjAuMA..

https://www.bncf.firenze.sbn.it/attivita/donne-del-cielo

https://www.museogalileo.it/it

https://www.treccani.it/enciclopedia/ipazia-di-alessandria_(Enciclopedia-della-Matematica)

Esiodo, Teogonia, BUR, 2007

https://www.treccani.it/enciclopedia/henriette-leavitt

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