Articoli,  Marvel,  Mitologia, leggende e folklore

Shakespeare in estiva: l’influenza delle opere del Bardo in “Thor”

Thor: “Non ti rendi conto con che cosa hai a che fare.”

Tony: “Uh, Shakespeare in estiva? Vostra madre sa che indossate le sue vesti?

È l’inevitabile commento di Tony dopo aver visto interagire per la prima volta i due fratelli Asgardiani e non a torto.

Per trarre ispirazione per le sue storie e i suoi personaggi, Stan Lee leggeva molto e, in particolare, le saghe mitologiche vennero riprese a piene mani e riscritte in stile Marvel. Sicuramente le sue fonti principali furono i testi antichi, tuttavia, nel suo modo di raccontare le storie di Thor e degli Asgardiani si può notare l’influenza nientemeno che dello stesso William Shakespeare (1564-1616). Alcuni dei temi trattati nelle saghe divine della Marvel hanno infatti echi delle tragedie dell’autore inglese per eccellenza, così come lo stesso tipo di linguaggio che gli dei utilizzano.

Shakespeare opere influenza Thor
William Shakespeare (immagine da wikicommons)

Il linguaggio degli Dei

Shakespeare opere influenza Thor

©Marvel. All Rights Reserved.

Fra tutti i supereroi del mondo Marvel, le divinità spiccano per il loro peculiare modo di esprimersi.

Quello di Thor, di Hercules e di tutti gli altri dei è un linguaggio che viene definito pseudo-shakespiriano e viene spesso rappresentato attraverso un font diverso rispetto ai dialoghi degli altri personaggi. Questo perché utilizzano termini e forme lessicali considerati arcaici e che si possono ritrovare perciò anche nelle opere di Shakespeare. In inglese, il tratto più distintivo di questo linguaggio “shakespiriano” è il riferirsi a sé stessi in terza persona (in pieno stile Giulio Cesare) e l’utilizzo della forma arcaica per i pronomi e i relativi possessivi (ad esempio: “thou” invece di “you” – tu, in inglese –, “thee” come suo complemento ecc.).

Tutti conoscono l’epico grido di battaglia che Thor tuona prima di ogni scontro: “Have at thee!” (in pratica un “prendi questo” molto altisonante).

Dal Royal Shakespeare Theatre ad Asgard – la regia di Kenneth Branagh

Perciò, quando nel 2011 Thor è entrato a far parte dell’MCU, per rendere il pathos del racconto mitologico sul grande schermo, i Marvel Studios hanno scelto come regista Kenneth Branagh. Alcuni di voi lo ricorderanno per la sua interpretazione di Gilderoy Allock in “Harry Potter e la Camera dei Segreti”, ma Branagh, da britannico DOC, è un fine conoscitore di Shakespeare e lui stesso ha recitato e diretto, sia al cinema che a teatro, moltissime tragedie e commedie del Bardo. Perciò, quando Branagh si è messo al lavoro, si è accorto che le grandi tematiche trattate nel film non potevano che essere un incrocio fra la mitologia nordica e Shakespeare. Perché, sebbene la base sia indiscutibilmente mitica, i temi del rapporto tra fratelli, di quello tra padre e figlio e della successione al trono sono gli stessi che si ritrovano nelle opere shakespiriane.

Le Sorti dei Grandi

Shakespeare non ha mai utilizzato la mitologia norrena come soggetto per le sue tragedie, ma i suoi protagonisti sono sempre persone di alto rango, che siano essi re e principi o esponenti di nobili casate (Romeo e Giulietta). I motivi di tale scelta sono diversi. Innanzitutto perché già parlare di sovrani e regnanti porta la storia ad un livello superiore e le conferisce un senso di grandezza che le vicende di un contadino onestamente non avrebbero. Inoltre, i sentimenti provati da questi personaggi regali, così come il loro destino avranno ripercussioni su interi popoli e nazioni. La posta in gioco perciò è molto più alta e il senso di dramma si fa più intenso. E infine perché più alto è il luogo da cui un personaggio precipita più grande sarà l’eco della sua caduta e forte ed emotivo l’impatto della sua disgrazia.

In “Thor” tutto ciò è portato a un livello ancora più elevato, perché si parla non solo di supereroi, ma di vere e proprie divinità. L’esito dello scontro finale tra Thor e Loki non ha conseguenze soltanto su Asgard, ma sulla sopravvivenza di un’intera razza e su tutti i Nove Regni. Così come la caduta (anche in senso letterale) di Loki è ancora più sentita, da onorato principe di Asgard a servo soggiogato di Thanos.

La crescita di un principe: Hal e Thor

Shakespeare opere influenza Thor - enrico V
Enrico V (wikicommons)

A inizio del film, Thor è un giovane principe impulsivo e arrogante, che dà da pensare al padre. Ma poi il suo esilio sulla Terra lo porterà a maturare e acquisire una consapevolezza e una saggezza degne di un grande sovrano.

Un percorso simile viene affrontato anche da un particolare personaggio nel ciclo in tre tragedie di Shakespeare, l’Enrico IV parte prima e seconda e l’Enrico V, scritte fra il 1597 e il 1599. Il personaggio in questione è nientemeno che il Principe Hal, futuro Enrico V (1387-1422) che, da giovane scapestrato che era, diventa poi uno dei più grandi Re d’Inghilterra. Per questo il regista e Chris Hemsworth hanno letto insieme parti dell’Enrico V in preparazione al film, soprattutto per inquadrare la giusta condotta di un re in guerra.

Inoltre la vera formazione di Hal non avviene a corte, ma alla Taverna di Eastcheap, tra la gente umile, così come quella di Thor avviene tra i mortali, ed alcune delle frasi che il Dio del Tuono, ancora testa calda, rivolge ad Odino, come quella “E tu sei un vecchio e un folle!”, potrebbero benissimo essere state pronunciate dal Principe Hal nell’Enrico IV, a dire di Branagh.

Loki, la vera figura shakespiriana

“Un padre credulo, un fratello nobile, così alieno per sua stessa natura dal pensar male, che mai giungerà a sospettare il male in altrui animo; questi miei stratagemmi, a cavallo di tanta balordaggine cavalcano a tutto lor talento. Ora vedo l’affare: avrò le terre, se non per nascita, per perspicacia. Per me ogni mezzo è lecito, purché teso a raggiungere il mio fine.”

Ammettiamolo, questo monologo sembra essere uscito direttamente dalla bocca di Loki. E invece no! A pronunciarlo è Edmund nella tragedia “Re Lear”, scritta da Shakespeare tra il 1605 e il 1606. È vero che nei racconti sulla nobiltà, inserirci una bella storia di rivalità e invidia tra fratelli è all’ordine del giorno (basta vedere “Il Re Leone”, dove tra l’altro Mufasa e Scar sembrano la versione felina di Thor e Loki), ma ascoltate un po’ la storia di Edmund e ditemi se non vi sembra familiare.

Edmund in “Re Lear”

Figlio bastardo del Conte di Gloucester, Edmund, risentito del suo stato illegittimo, complotta per sbarazzarsi del suo fratellastro Edgar, il legittimo erede. Così inganna padre e fratello, mettendoli l’uno contro l’altro, ma fingendo con entrambi di stare dalla loro parte, riuscendo a far cadere in disgrazia ambedue e diventando Conte di Gloucester. Poi il rapporto con le due figlie di re Lear lo spingeranno addirittura a puntare al trono. Ma i suoi inganni verranno smascherati dal ritorno di Edgar che lo sconfiggerà in duello e, prima di morire, Edmund riuscirà a fare un ultimo, vano gesto di redenzione.  

Il dramma di Loki e Edmund

Ebbene, l’avevo detto che era familiare! L’arco narrativo di Loki è strutturato proprio come quello di Edmund e le loro personalità si somigliano incredibilmente, perché entrambi utilizzano l’astuzia e l’inganno per raggiungere i propri scopi, mai la forza bruta. La loro vicenda è tanto più tragica perché non hanno colpe della loro nascita, eppure è a causa di essa che vengono disprezzati dal padre. Il loro risentimento si riversa sul fratello legittimo e preferito, di cui riescono a ottenere l’esilio. Ma quando stanno per raggiungere il successo (Loki con l’uccisione di Laufey e Edmund con la sconfitta dei francesi), sarà proprio il ritorno di quel fratello, contro il quale combatteranno, a decretare la loro sconfitta. In “Re Lear”, Edmund, prima di morire, capisce di essere stato amato almeno dalle figlie di Lear, sebbene di un amore perverso e lussurioso, ma l’unico che abbia mai conosciuto.

La redenzione di Loki invece è ovviamente strutturata in un arco narrativo più ampio, che abbraccia più film, ma anche per lui è l’amore, quello che lo lega a Thor, a spingerlo infine dalla parte del bene.

Tempi moderni

Ultimamente gli autori dei fumetti hanno cominciato a far utilizzare agli dei un linguaggio “più adatto ai tempi”, smorzandone in parte il lessico ricercato, fino a farci sopra dell’autoironia per bocca degli stessi personaggi che lo usano. Hercules arriva a dire che non ha assolutamente senso utilizzare un “parlare shakesperiano d’altri tempi” (“The Incredible Hercules #131). Un simile cambiamento si è avuto anche nella versione di Thor dell’MCU, insieme alla perdita della solenne epicità tipica degli Asgardiani in favore di una loro caratterizzazione farsescamente comica nei film “Thor: Ragnarok” e nell’altro film che non deve essere nominato (sapete, quello uscito dopo “Captain Marvel”). Lasciamo dunque ai posteri e a voi l’ardua (si fa per dire) sentenza se elogiare o meno questa nuova direzione presa dalla Marvel.

Perciò fateci sapere nei vostri commenti, qui o sui nostri canali social, cosa ne pensate e, soprattutto, se avete riconosciuto qualche altra influenza shakespiriana nelle storie di Thor!

Bibliografia