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Walt Disney Lifes – Milt Kahl,  “The Animation Michelangelo”

La storia di uno degli animatori più influenti del 20° secolo

Quando mi sono imbarcata nella balzana avventura di raccontare le Walt Disney Lifes, ovvero le storie delle persone che hanno contribuito a costruire la Disney come la conosciamo oggi, ero conscia che sarebbe stata impresa tutt’altro che facile. 

Quando poi ho iniziato a documentarmi su quelle storie, di carpirne il significato e il lato umano, oltre quello professionale, la difficoltà è aumentata. Con alcuni, ammetto, è stato più facile, vuoi per il carattere e la personalità, vuoi per la maggior documentazione. Con altri, ed è il caso di questo articolo, è davvero molto più complicato. Milt Kahl appare essere un sorta di leggenda intoccabile della Disney. In tutto ciò che ho letto e visto su di lui c’è quasi una sorta di timore reverenziale ad accompagnarlo. O, per meglio dire, pare esserci un velo che lascia vedere la sua incredibile bravura e il suo innegabile e meraviglioso talento, ma che ne nasconde la personalità. 

Ed effettivamente, è risaputo, che Milt fosse un uomo dal carattere tutt’altro che facile, talento straordinario sicuramente (tanto da essere soprannomato “The Animation Michelangelo”) ma dal temperamento non proprio tranquillo, tanto che anche Walt Disney stesso, spesso, si è trovato ad affrontare il suo lato irascibile, affermando che quando era arrabbiato era meglio lasciarlo sbollire per due o tre giorni. Allo stesso tempo, però, molti dei suoi colleghi hanno poi raccontato che aveva anche un lato dolce, se sceglieva di mostrarlo. 

Tutto questo mi è stato confermato quando ho visto alcuni frammenti di sue interviste. In quel momento ho compreso perché mi sembrava così difficile riuscire a cogliere il lato umano dietro quello lavorativo. La fronte spesso corrucciata, lo sguardo intenso e quasi ipnotico mentre disegna, la convinzione con cui esprime quello che dice, sembrano comunicarci che Milt ha avuto una storia e una vita intensa che deve avergli lasciato sicuramente più di un segno. 

Segni che poi, a ben vedere, si possono intravedere benissimo anche nel suo lavoro; nella cura dei dettagli di personaggi incredibili come Pinocchio, Shere Khan o Madame Medusa, solo per citarne alcuni. Tale era il suo talento che per molti anni ebbe il compito di disegnare il look finale di praticamente tutti i personaggi della Disney. Ancora oggi è d’ispirazione per moltissimi artisti contemporanei e il suo stile e la sua bravura sono d’insegnamento a generazioni intere di animatori. Questo ha fatto si che il suo stile sia diventato “lo stile Disney” durante tutti gli anni in cui ha lavorato lì.

Oggi, quindi, proviamo a raccontare la storia di colui che spesso è stato definito come “King Kahl” il re dello stile Disneyano! 

Dall’infanzia alla Disney

La storia di Milt Kahl : san francisco nel 1915
San Francisco 1915 – p.d.

Milt Kahl nasce il 22 Marzo del 1909 nella città di San Francisco, in California, dove passa anche buona parte della sua infanzia e giovinezza. La sua famiglia è molto povera e non ha niente, tanto che lo stesso Milt pare abbia sofferto di malnutrizione crescendo. Suo padre, Erwin Kahl, è un barista di saloon e quando Milt è ancora molto piccolo, abbandona la famiglia. 

Ciò, ovviamente, deve aver reso le cose ancora più difficili. Ed infatti Milt a 16 anni è costretto ad abbandonare la scuola superiore per andare a lavorare, per poter provvedere alla sua famiglia. Non rinuncia, però, al sogno di diventare illustratore e fumettista. Fin da quando era piccolo, infatti, Milt ama disegnare, tanto che pare che inizialmente disegnasse sulla carta igienica. Così, quando lascia la scuola, trova lavoro presso il dipartimento artistico dell’Oakland Post Enquirer. Qui fa amicizia con il collega Ham Luske, che poi entrerà a sua volta a lavorare per la Disney e diventerà una grande fonte di ispirazione tanto di Kahl, quanto di vari altri artisti importanti. Sarà proprio lui, più tardi, a convincerlo a trasferirsi a Los Angeles per lavorare per la Disney. intanto, dopo tre anni all’Enquirer, Milt passa al San Francisco Bulletin. 

Tuttavia la storia sembra giocargli un brutto tiro. È il 1929, arriva la Grande Depressione e Milt viene licenziato. A questo punto fa lavori di vario tipo, come illustratore di schede pubblicitarie di film per i cinema e i teatri, o come artista commerciale e così via. Questo fino a quando, nel 1933, Ham Luske, come detto, non gli propone di trasferirsi a Los Angeles per lavorare alla Disney. Milt, che nel frattempo è rimasto affascinato dal mondo dell’animazione guardando il cortometraggio disneyano “I tre porcellini”, accetta di buon grado e viene assunto ai Disney Studios il 25 Giugno del 1934. 

Gli inizi alla Disney

Probabilmente Milt ancora non lo sapeva a quel tempo, ma quella data segnò un cambio di rotta incredibile tanto per lui, quanto per molti altri che finiranno per essere influenzati e ispirati dal suo talento e dal suo lavoro. 

Nonostante sia ancora molto giovane, infatti, Kahl subito attira l’attenzione dei suoi colleghi e, in breve tempo, quella di Walt Disney stesso. 

Inizia lavorando ai cortometraggi, come “Ferdinando il toro” e “Il piccolo diseredato”(meglio noto come “Il brutto anatroccolo”, a quanto pare già a quel tempo ci andavano giù pesante con traduzioni assurde) entrambi vincitori di un premio Oscar. 

La sua prima vera opportunità, però, arriva con Biancaneve, “la follia di Walt”. In qualità di animatore junior, Milt ha l’opportunità di lavorare all’animazione di numerosi animali della foresta e di aiutare nell’animazione del Principe. La sua bravura, da quel momento in poi, inizia a farsi strada e con Bambi diventa supervisore all’animazione

Tuttavia, la vera grande svolta di Milt arriva con Pinocchio dove, dire che il suo apporto fu fondamentale, è dire poco! 

Dal Pinocchio di Collodi al Pinocchio disneyano

Nel corso della vita mi è capitato spesso di sentire critiche rivolte al Pinocchio disneyano per via del grande cambio di stile e di trama rispetto al Pinocchio originale. 

Personalmente non ci ho mai visto il grande torto che molti si affannano a vederci. Il Pinocchio disneyano è diverso perché doveva per forza esserlo per il pubblico a cui la Disney si rivolgeva. Se già così, al giorno d’oggi, ci sembra un mezzo film horror, pensate se la trama fosse rimasta fedele al racconto originale? 

Tuttavia non voglio soffermarmi oltre su questa cosa (magari lo farò in un prossimo articolo in futuro) e voglio proseguire nel racconto su Milt e su cosa ha che fare questo con tutto ciò. 

Originariamente Walt aveva tentato di seguire la storia originale. Tuttavia, la personalità di Pinocchio, attenendosi alla storia, risultava poco attraente e i primi schizzi fatti riflettevano proprio questa cosa. Diciamocelo, il Pinocchio originale è sempre stato abbastanza antipatico. Da questo punto di vista non me la sento proprio di dare torto a Walt se, ad un certo punto, da uomo d’affari e di spettacolo qual era, ha deciso di stravolgere parte della storia e del personaggio. Pinocchio andava reso meno legnoso e antipatico e più attraente per il pubblico cinematografico di quel tempo. Se prima aveva un aspetto più da burattino, come effettivamente era, ora andava reso più umano e i suoi lineamenti più dolci, per far si che la gente vi si potesse identificare meglio e potesse trovarlo più umano e accattivante. 

Ed è qui che entra in gioco Milt. La sfida di cambiare e riprogettare i lineamenti di Pinocchio sembra difficile e impossibile ai più e, nonostante Milt a quel tempo sia ancora molto giovane, viene incoraggiato da colui che ormai è il suo mentore, Ham Luske, a provare e riprogettare Pinocchio

La storia di Milt Kahl : poster di Pinocchio

Milt accetta la sfida e riesce li dove tutti, anche i più anziani e più esperti di lui, prima avevano fallito. Riprogetta il personaggio dandogli l’aspetto che tutti noi oggi conosciamo, burattino si, ma più umano. Nel ridisegnarlo non pensa a lui come un burattino fatto con arti di legno, ma semplicemente come ad un bambino. Solo alla fine aggiunge le articolazioni di legno che ne danno le sembianze di un giocattolo. 

Inulte dire che quando Walt vede i disegni del giovane animatore ne è entusiasta. Sarà Pinocchio ad aprire definitivamente a Milt la strada per il suo successo lavorativo. Non solo diventerà uno degli animatori alla regia di uno dei film più importanti della storia della Disney, ma in seguito tutti gli aspetti finali dei personaggi disneyani verrano supervisionati da lui. Milt diventerà uno dei più grandi animatori nella storia della casa di Topolino. Tanto importante che pare fosse l’unico in grado di dissentire con Walt quando non era d’accordo con lui. 

Da Pinocchio in poi: la nascita di uno stile

Da quel momento in poi, quindi, Milt riuscirà pian piano a plasmare uno stile che, durante tutti gli anni in cui lavorerà alla Disney, finirà per diventare lo stile distintivo dell’azienda.

Da quel momento contribuisce con il suo talento a praticamente tutti i film più importanti della Disney, non solo i classici. La cura con cui si accosta alla creazione di personaggi come Shere Khan, i vari principi azzurri, Madame Medusa e, in parte, tanti altri personaggi come lo stesso Merlino o Maga Magò, Caio e Sir Ettore, solo per citarne alcuni, è inoppugnabile. 

Nel riguardarli ora, dopo aver conosciuto la sua storia, riesco a rivederci all’interno non solo il talento, ma anche la personalità e la storia di Milt. Se rivedo Mago Merlino, ad esempio, vedo sia la dolcezza sia la rabbia che spesso gli venivano additate. Così come, nella fronte corrucciata o nel sorriso un po’ arcigno che spesso lascia trasparire nelle interviste, rivedo il volto di Shere Khan; oppure, mi immagino che gli scatti d’ira e il temperamento difficile sia poi confluito in parte negli atteggiamenti sconsiderati e megalomani di Medusa. Insomma, alla fine, nel mio piccolo, forse ho compreso perché è considerato uno dei più grandi animatori che la Disney abbia mai avuto. 

L’insegnamento di Milt Kahl  

Milt Kahl ha lavorato per la Disney per quasi 40 anni ritirandosi nel 1976. Dopo la pensione tornò a vivere nella Bay Area di San Francisco, lì dov’era nato e cresciuto. Qui ha iniziato a seguire anche altri suoi interessi, come ad esempio creare sculture in filo metallico. È morto il 19 Aprile del 1987 a Mill Valley, in California. 

Il suo lavoro, però, sembra non essere finito con la sua morte. A detta di tutti Milt Kahl era alla continua ricerca della perfezione. E forse anche per questo aveva un temperamento difficile e intimidatorio. La sua arte, però, ha ispirato moltissimi artisti sia suoi contemporanei che futuri. È stato mentore, fra gli altri di Andreas Deja (animatore di Scar e di Jafar, dove l’influenza si vede) e del regista Brad Bird. 

Sarebbe davvero troppo lungo enumerare tutti i lavori a cui ha contribuito, ma penso di avervene dato una seppur piccola e breve idea (per i più curiosi vi rimando al video di seguito dove c’è l’estratto di alcune sue interviste molto interessanti). 

Alla fine ho anche capito perché la sua personalità all’inizio mi sembrava così difficile da decifrare. Semplicemente perché la sentivo molto simile, per certi versi, alla mia. E non ASSOLUTAMENTE, perché io mi senta o sia una grande artista (non saprei disegnare nemmeno un albero e disegno le persone con le consuete care vecchie linee che usano i bambini di 3 anni); ne perché abbia avuto una vita difficile come la sua, tutt’altro. Semplicemente perché nella sua personalità così complessa, a metà tra gli scatti di rabbia di Medusa e la dolcezza assennata di Merlino, per quanto strano possa sembrarvi, ho rivisto in parte la mia. A quel punto è stato tutto più facile. 

Infine concludo dicendo che la storia di Milt Kahl mi ha insegnato, come sempre, che la vita sa essere davvero imprevedibile. Chi lo avrebbe detto che un ragazzo come lui, con un’infanzia sicuramente non facile e un temperamento del genere, che da piccolo disegnava sulla carta igienica, sarebbe arrivato a dettare le regole di stile di una delle case di produzione d’animazione più importanti del 20° secolo? Eppure è successo. E tutto questo è davvero molto commovente, fiducioso e, soprattutto, incredibilmente incoraggiante. E di coraggio, oggi giorno, ne serve a tutti un bel po’. 

Siamo giunti alla fine di questa storia; per conoscere le altre storie delle Walt Disney Lifes vi rimando alla categoria dedicata e, come sempre, se l’articolo vi è piaciuto fatecelo sapere condividendolo o commentando sui nostri canali social! 

Fonti: