Walt Disney, il Go – Getter
“Tu sogna e spera fermamente, dimentica il presente e il sogno realtà diverrà” Cenerentola – 1950
“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino” Peter Pan – 1953
“When you wish upon a star, makes no difference who you are” Pinocchio – 1940
Mentre leggevo una biografia di Walt Disney mi sono imbattuta in un termine con cui viene definito: Go-getter, che si usava e si usa tutt’oggi in America per definire una persona con un certo tipo di connotazioni caratteriali specifiche.
Ma esattamente cosa significa essere un Go-getter e cosa c’entra con Walt Disney e la sua compagnia?
Ebbene il Go-getter (in italiano si potrebbe tradurre con Vai e ottieni/conquista) altri non è che una persona che ha un’incrollabile fiducia nel fatto che arriverà alla sua metà finale, non importa quali e quanti ostacoli troverà sulla sua strada, né quanto impervia sarà quella strada, il Go-getter sa che prima o poi ci arriverà: sogna e spera fermamente, non lasciandosi mai influenzare dai sacrifici del presente, ma soprattutto non importa chi lei/lui sia o a quale posto/colore del mondo appartenga, prosegue dritto fino alla meta prefissata.
Mentre leggevo le prime avventure/disavventure della vita di Walt, in particolare da quando si trasferì a Kansas City a 9 anni in poi, e dopo aver visto, ascoltato e analizzato cartoni, film, fumetti, classici e così via, non ho avuto dubbio alcuno sul fatto che proprio i protagonisti di quegli stessi film siano tutti, a loro modo, dei Go-getter e continuano ad esserlo tutt’oggi; proprio come lo era Walt Disney stesso.
Nell’articolo di oggi quindi parliamo proprio di questo, di come e perché Walt sia diventato un Go-getter e perché i personaggi che noi tanto amiamo ne siano anche loro una personificazione ideale!
Ma perché Walt lo era e come lo è diventato?
Nello scorso articolo su Walt Disney ho cercato di spiegare perché Marceline (dove Walt visse i suoi primi anni d’infanzia) sia stata per lui così importante.
(Se volete saperne di più vi consigliamo di andare a leggere quel vecchio articolo qui, sicuramene vi aiuterà a capire meglio anche il discorso che tenterò di fare oggi.)
Marceline fu tanto importante che, quando con la famiglia si traferirono a Kansas City, quando aveva solo 9 anni, per lui fu un vero e proprio trauma, la felicità vissuta in quella piccola cittadina di passaggio lo aveva stregato al punto tale che la idealizzò e tentò di ricrearla e rincorrerla per una vita intera. Fu la sua ossessione e la sua meta finale che culminò poi nella creazione di Disneyland, la personificazione della felicità secondo Walt.
Per arrivare lì diventò appunto un Go-getter e questo perché, come si può facilmente immaginare, la fantasia e la semplice volontà di ottenere qualcosa nella vita non bastano, avere un sogno è facile, riuscire a realizzarlo e tutta un’altra faccenda, spesso anche parecchio complicata.
È un po’ come un cavallo che si trova davanti degli ostacoli da saltare, bisogna essere ben addestrati e sapere che probabilmente, a volte vincerà l’ostacolo, a volte vincerà il cavallo.
Perché l’ostacolo non vinca sempre bisogna avere fiducia, addestramento, coraggio e perseveranza, sopratutto tanta perseveranza. È qui che entra in gioco il Go-getter che altri non è che il cavallo che continua ad allenarsi e a provare a saltare gli ostacoli per finire la gara e arrivare alla meta; non esiste non arrivare, esiste fallire, rialzarsi e riprovarci anche 100 volte se necessario.
La figura del Go-getter prese piede proprio ad inizio ‘900 e altri non era che la personificazione umana di quello che poi sarà il mito dell’American Dream e del nuovo secolo: cioè la fiducia nel fatto che se lavori duro, se ti impegni, se hai fiducia nelle tue idee e nel tuo percorso, se perseveri nonostante le difficoltà, alla fine il sogno che persegui sarà tuo.
È proprio per questo che, se non fosse diventato un Go-getter, Walt non sarebbe mai riuscito a creare tutto il suo impero.
E il trasferimento a Kansas City, come lui stesso raccontò poi, lo formò proprio per questo.
Kansas City una vera città
Per capire meglio il concetto bisogna vedere com’era Kansas City quando i Disney vi si trasferirono.
Kansas City – Missouri era una città che si stava espandendo moltissimo, come accadrà del resto per molte città in quel periodo. Rispetto a Marceline, era sicuramente molto più grande e infatti in quegli anni la sola popolazione della parte del Missouri arrivava a più di 300.000 abitanti e, se si conta Kansas City – Kansas e altre aree intorno, la popolazione superava il mezzo milione. Insomma, si avviava, come il resto delle città, verso un grande sviluppo economico e commerciale che ancora oggi la designa come una delle città più importanti dello stato.
La presenza del fiume sicuramente la aiutò molto nel commercio e, dopo la guerra civile, divenne un punto importante per gli insediamenti occidentali facendo sviluppare sempre di più tutte quelle industrie che avevano a che fare con l’allevamento, il bestiame e l’agricoltura che provenivano da tutto il Midwest.
La città aveva anche investito molto nelle costruzioni e nell’architettura in generale, con nuove e più larghe strade.
Insomma, era una città che fioriva nel vero senso del termine, il tipico posto che molti sognavano di raggiungere se abitavano in posti più piccoli e con minori opportunità.
Le città infatti venivano viste come un posto pieno di opportunità di ogni tipo, ma molto spesso però chi si spostava finiva per trovare la stessa miseria che aveva lasciato; non era facile vivere lì, le opportunità c’erano, ma la vita era spesso dura e con privazioni. Insomma stare in città era come scalare una montagna, se volevi raggiungere una determinata vetta dovevi faticare e se facevi parte di una minoranza avevi tante altre cose con cui scontrarti, il che spesso rendeva quella vetta troppo lontana.
La perseveranza, la fiducia e sicuramente un bel pizzico di fortuna in questo giocavano un ruolo incredibilmente fondamentale. Non bastava essere bravi o avere talento, bisognava credere fino in fondo nel fatto che impegnandosi con tutte le proprie forze ce la si poteva fare.
In questo la grandezza, la rudezza e le sfide che la città offriva ai suoi abitanti, finivano per dare una grande lezione di vita.
La strada per Hollywood
Walt Disney imparò tutto ciò, molto bene, proprio lì; una volta trasferitisi, infatti, il padre, che aveva acquistato un percorso per la consegna dei giornali dal Kansas City Star, mise a lavorare sia lui che il fratello Roy.
Walt si alzava intorno alle 4 di mattina, andava a lavoro, tornava a casa dormiva un po’, si risvegliava e andava a scuola; dopo la scuola faceva il secondo giro di lavoro.
Oltre questo faceva tutta una serie di altri lavori e d’inverno spesso si addormentava lungo la strada delle consegne per la stanchezza.
Anni dopo, durante un’intervista, dichiarò che non aveva mai avuto reale tempo per giocare durante quegli anni e che questo lo aveva, nonostante tutto, forgiato insegnandogli a valutare bene il suo tempo libero in quanto prezioso. Tuttavia il padre, pur non facendo mancare nulla ai suoi figli, era una persona severa e che pretendeva il massimo e così lo stesso Walt, che pure faceva il lavoro senza mai lamentarsi, da adulto raccontò di come spesso i ricordi di quelle giornate di lavoro lo avevano perseguitato con incubi durante molti anni.
Fu proprio tutto ciò a fargli apprezzare ancora di più ciò che gli piaceva realmente fare e ciò che voleva realmente perseguire. Già il disegno era stato quello che si potrebbe definire il suo primo e più importante amore a Marceline, ma fu qui a Kansas City che si rese conto di quante altre cose gli piacevano e per quante di queste fosse portato, fu qui che divenne “Walt Disney l’artista”, come veniva chiamato.
Sarebbe troppo lungo elencare tutto ciò che Walt fece in quel lasso di tempo tra il suo trasferimento da piccolo e il momento in cui, ormai diventato grande, decise di trasferirsi in California, la sua vera destinazione finale.
Basti sapere che fu quel lasso di tempo a farlo diventare un Go-getter: il lavoro per il padre da piccolo, i numerosi lavoretti e studi fatti in ogni momento libero che aveva per imparare a disegnare e migliorarsi; e ancora l’esperienza di autista di ambulanze in Francia con la Croce Rossa durante la fine della 1° Guerra Mondiale che lo aiutò a diventare indipendente e a farcela da solo.
E infine le prime esperienze di lavoro nel suo settore, fra cui si annovera quella in cui conoscerà uno dei suoi primi e più importanti collaboratori, che fu con lui da molto prima della nascita di Mickey Mouse, e che lo aiutò a crearlo, Ubbe Iwwerks( dell’amicizia tra Ubbe e Walt vi abbiamo parlato in un articolo che potete leggere qui.)
Fu lì che creò la sua prima casa di produzione quando aveva appena 20 anni, la Laugh-O-Gram Studio, la cui vita fu abbastanza breve, meno di un anno, ma che fu il primo vero slancio e la prima vera tappa verso la sua meta finale, dando vita ai primi esperimenti animati importanti tra cui i primi corti in tecnica mista delle Alice Comedies, che poi proseguiranno una volta arrivato a Hollywood.
Insomma, Kansas City per lui fu molto complessa e difficile, di certo non fu come Marceline, furono anni in cui dovette lavorare sodo e dove, almeno in termini materiali, i sacrifici furono molti più delle ricompense. Ma io penso che le vere ricompense furono gli ingredienti che lo fecero diventare ciò che poi lo ha aiutato a costruire il suo futuro, gli stessi ingredienti che gli servivano per raggiungere la sua meta finale, la felicità secondo Walt, la stessa che aveva provato a Marceline.
Fu lì, in quella città che come altre si presentava come base per la montagna che tanti giovani volevano scalare, fu lì che Walt imparò chi era, ciò che sapeva fare, ma sopratutto fu lì che scoprì quali sono le chiavi giuste per riuscire a mettere in pratica tutto ciò.
Fu li che diventò, nel bene e nel male, un Go-getter.
I Go-getter disneyani
Detto ciò si capisce quindi che Topolino fu il primo di una lunga serie di Go-getter.
Topolino, a prima vista piccolo e insignificante che si impelaga sempre in imprese solo apparentemente più grandi di lui, che combatte contro nemici che invece sono sì più grossi e minacciosi di lui, ma che alla fine ce la fa contro ogni aspettativa; fu il primo Go-getter disneyano (oltre che alter-ego di Walt).
Fu proprio questo a farne la sua fortuna a fine anni ’20 ed inizio anni ’30, quando durante la Grande Depressione la gente, che perdeva casa, speranze e soldi e non aveva idea di quale fosse il proprio avvenire (e nemmeno se ce ne fosse uno), si rispecchiava in questo piccolo essere, apparentemente insignificante che ce la faceva sempre, non importava quale avversità gli si presentasse.
Dopo di lui è storia e le storie disneyane sono piene tutt’oggi di esempi di personaggi che combattono e vincono le difficoltà e le asperità del destino senza mai rinunciare a loro stessi e alla propria essenza.
Li troviamo sia nei fumetti, basti pensare a Zio Paperone e alla sua lunga vita, così ben raccontata sia da Carl Barks che da Don Rosa; sia sopratutto nei film, dove Cenerentola, Pinocchio, Semola o più recentemente Tiana, Simba, Mulan, Elsa e Anna, sono tutti esempi di personaggi che, nonostante ogni avversità, ce la mettono tutta per diventare chi sono destinati ad essere e per raggiungere la propria meta.
Certo non senza grossi e brutti incidenti di percorso (vedi morte di Mufasa), a simboleggiare che, per arrivare alla fine, devi saltare ostacoli molto spesso davvero tanto grandi.
La loro continua ed immensa fortuna si deve a questo.
Sono tutti dei Go-getter nel senso disneyano del termine, cioè nel senso che, come dice la canzone di Pinocchio “When you wish upon a star“, quando hai un sogno da seguire e compiere, non importa chi tu sia, se ci credi davvero e fai di tutto per arrivarci alla fine ci arriverai.
Walt Disney fu il primo a credere di potercela fare e come lui, sicuramente tantissime delle persone che hanno lavorato e che oggi ancora lavorano per la Disney; non ci si deve quindi sorprendere se i personaggi disneyani hanno tutti questo filo rosso a connetterli indissolubilmente gli uni agli altri.
Sono tutti figli di una cultura e di un modo di pensare e concepire la vita molto specifico, forse a volte un po’ troppo idealizzato, senza dubbio, ma sicuramente non del tutto sbagliato a mio avviso, e che sicuramente ha cresciuto e continuerà a crescere ancora tantissime generazioni di persone.
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Fonti:
- N. Gabler, Walt Disney. The triumph of American imagination, Vintage 2006
- M. Barrier, The Animated Man: A Life of Walt Disney, University of California Press 2007
- Steven Watts, Walt Disney: Art and Politics in the American Century, The Journal of American History, Vol. 82, No. 1 (Jun., 1995), pp. 84-110 , Oxford University Press on behalf of Organization of American Historians
- Steven Watts, The Magic Kingdom: Walt Disney and the American Way of Life, University of Missouri
- Sarah Colt, Walt Disney ( documentary film), PBS 2015
- Matthew & Rocky Collins, America 1900 ( documentary film), PBS 2006
- Arnaldo Testi, Il secolo degli Stati Uniti, Il mulino 2017