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“Il gobbo di Notre Dame” – storia e mito della “Corte dei Miracoli”

La storia dei leggendari bassifondi parigini, fra storia e mito

“È la corte dei miracoli dove ogni cosa è possibile, e voi siete qua” 

Con queste parole Clopin da il benvenuto a Quasimodo e a Febo all’interno della cosiddetta “Corte dei Miracoli”, ossia il rifugio dove si nascondono lui, Esmeralda e il loro popolo, tanto odiati da Frollo. 

Proprio questo luogo, così ben descritto nel classico Disney “Il gobbo di Notre Dame”, si rifà a dei luoghi storicamente davvero esistiti nella vecchia Parigi dell’Ancien Regime. Le Corti dei Miracoli, infatti, erano un luogo delle città francesi (non solo Parigi), dove si rifugiavano medicanti, ladri, prostitute e imbroglioni di ogni genere. Il nome deriva dal fatto che queste persone parevano soffrire di tutta una serie di infermità (come viene descritto anche nel film) che però al calar delle notte, tornati all’interno della corte, scomparivano come, appunto, per miracolo. 

Da qui il nome “Corte dei Miracoli” e il film Disney ha ben descritto il significato che, storicamente, è sempre stato dato a questi luoghi. 

Secondo alcuni, inoltre, queste corti, pur essendo abitate da furfanti di ogni sorta, erano organizzate in una sorta di gerarchia ben specifica e chi voleva entrare e farne parte doveva superare anche delle prove. Tuttavia, proprio questi ultimi aspetti, secondo gli storici, sembrano far parte più di una sorta di leggenda metropolitana, costruita nel corso dei secoli, che poi ha contribuito a creare un’aurea mitologica e affascinante riguardo la storia di queste corti. 

Detto questo, oggi, come avrete capito, cercherò di raccontarvi la storia e la leggenda della Corte dei Miracoli. Quindi, accompagnati da Quasimodo e Clopin, addentriamoci a lume di torcia nelle piccole viuzze di Parigi, al cospetto delle antica Corte dei Miracoli! 

Che cosa erano, storicamente, le Corti dei Miracoli

Storia della Corte dei Miracoli - illustrazione di Gustave Doré
La corte dei miracoli in un’illustrazione di Gustave Doré – p.d.

Da un punto di vista prettamente storico, come accennato, le Corti dei Miracoli erano dei luoghi senza legge, all’interno delle città, in cui imbroglioni di ogni tipo si stabilivano. Queste zone erano situate tra quattro strade di un complesso residenziale e ogni città francese ne aveva almeno una. Parigi, tuttavia, che è la più famosa da questo punto di vista, ne aveva ben 12 diverse e la più famosa si trovava tra rue Réaumur e rue du Caire ed era nota con il nome di “Grande Corte dei Miracoli”. Proprio quest’ultima è quella a cui allude Victor Hugo nell’opera da cui è tratto il classico Disney. 

Secondo il Dizionario dell’Accademia francese, il nome deriva dal fatto che le presunte infermità simulate dai mendicanti che vi si rifugiavano, una volta entrati lì dentro, scomparivano miracolosamente. Per intenderci, queste persone, che magari di giorno mendicavano facendo finta di essere zoppi, mutilati o ciechi, una volta calata notte e tornati a “casa” nella corte, miracolosamente guarivano, svelando quindi la propria natura di imbroglioni. 

Insomma, per farla breve le Corti dei Miracoli erano in sostanza dei bassifondi. 

La Corte dei Miracoli fra storia e mito: Victor Hugo e Henri Sauval

Storia della Corte dei Miracoli - illustrazione di Louis Boulanger
Louis Boulanger, “La cour des miracles” – p.d.

Vari sono gli autori, siano essi romanzieri o storici, che hanno affrontato l’argomento della Corte dei Miracoli, cercando di descriverla e di darci l’idea di come funzionasse questo strano luogo senza legge, in cui si rintanavano tutti gli imbroglioni e i malviventi possibili e immaginabili. Il problema, da ciò che ho capito facendo le mie ricerche per scrivere questo articolo, è che mancano fonti storiche effettivamente autorevoli che possano descrivere in maniera autentica e certa la vita e l’organizzazione all’intento di questi ambienti sociali. 

Ne deriva, quindi, che secondo vari storici odierni, molte delle cose che sono state scritte in merito, nel corso del tempo, hanno finito per dare un’idea romanzata o comunque leggendaria di questi posti. Il risultato è che gran parte delle descrizioni, soprattutto quelle relative all’organizzazione della società all’interno della Corte dei Miracoli, non sono ritenute storicamente attendibili e, anzi, molti ritengono quelle storie niente altro che leggenda e mito. 

Sicuramente Victor Hugo è uno degli autori che ha contribuito più di tutti, con le sue opere, a rendere famosa la storia e la leggenda della Corte dei Miracoli.

Proprio in “Notre Dame de Paris” Victor Hugo la descrive così: 

“Si trovava effettivamente in quella temibile Corte dei Miracoli, dove mai nessun uomo onesto era penetrato a quell’ora della notte; cerchio magico dentro al quale gli ufficiali dello Châtelet e le guardie della prevostura che vi si avventuravano scomparivano in briciole; città dei ladri, orrenda verruca sulla faccia di Parigi; cloaca dalla quale traboccava ogni mattina, e nella quale veniva a ristagnare ogni notte quel torrente di vizi, di mendicità e di vagabondaggio che sempre straripa nelle vie della capitale; mostruoso alveare dove di sera rientravano con il loro bottino tutti i calabroni dell’ordine sociale; falso ospedale in cui lo zingaro, il monaco spretato, lo studente perduto, i farabutti di tutte le nazioni, spagnoli, italiani, tedeschi, di tutte le religioni, ebrei, cristiani, maomettani, idolatri, coperti di finte piaghe, mendicanti di giorno, si trasformavano di notte in briganti; in una parola, immenso spogliatoio dove si vestivano e si svestivano a quell’epoca tutti gli attori di quell’eterna commedia che il furto, la prostituzione e l’assassinio recitano sul selciato di Parigi.”

Una cosa da specificare è che Victor Hugo, nella sua opera, collocò la sua Corte dei Miracoli nel periodo Medievale. Tuttavia, secondo gli storici, il fenomeno risale invece al periodo dell’Antico Regime e al XVII secolo.

Puntigliosità storica mia a parte, è proprio questa descrizione che ne fa Hugo che poi è diventata la più comune e nota quando si pensa a questo luogo. Tuttavia, lo stesso Hugo, secondo le fonti, per descriverla probabilmente si ispirò ad un altro autore, Henri Sauval, uno storico francese del 1600. Sauval, nella sua opera “Histoire et recherches des antiquites de la ville de Paris” fa delle abbondanti descrizioni sia del luogo che dei suoi usi e costumi, raccontando di esserci persino stato di persona. Ad oggi, la maggior parte delle cose che si sanno, vere o presunte che siano, riguardo la Corte dei Miracoli deriva proprio dalla sua opera.

Ecco un breve estratto: 

“È costituito da un quadrato di dimensioni molto considerevoli e da un vicolo cieco molto ampio, puzzolente, fangoso, irregolare, che non è lastricato. Un tempo era confinato agli ultimi estremi di Parigi. Ora (sotto il regno di Luigi XIV), si trova in una delle zone meno costruite, sporche e remote della città, tra rue Montorgueil, il convento delle Filles-Dieu e rue Neuve-Saint-Sauveur, come in un altro mondo. Per arrivarci, spesso bisogna perdersi in stradine piccole, brutte, puzzolenti, tortuose; per entrarvi bisogna scendere un pendio abbastanza lungo, tortuoso, accidentato, sconnesso. Vidi lì una casa di fango, mezzo sepolta, tutta vacillante per la vecchiaia e il marciume, che è meno di quattro braccia quadrate e dove tuttavia alloggiano più di cinquanta famiglie cariche di un’infinità di bambini legittimi, naturali o rubati. Mi è stato assicurato che in questa casetta e nelle altre vivono più di cinquecento famiglie numerose, ammassate insieme. Per quanto grande possa essere questa corte, in passato era molto più grande. Era circondata da tutte le parti da abitazioni basse, sprofondate, oscure, deformi, fatte di terra e di fango, e tutte piene di poveri malvagi.”

Secondo quanto raccontato da Sauval, la Corte dei Miracoli era in realtà una vasta rete di bassifondi che attraversava l’intera città di Parigi. Ovviamente, la Corte più grande era la succitata “Grande Corte dei Miracoli” ma, nel corso del tempo, se ne erano formate altre, come una vera e propria ragnatela, tanto che alla fine Parigi pareva ne contenesse circa una dozzina. 

La Corte dei Miracoli fra storia e mito: l’organizzazione della società al suo interno

Storia della Corte dei Miracoli - il grande Coësre
Incisione raffigurante il “grande Coësre” – p.d.

Nella sua opera Sauval continua descrivendo non solo la gente che vi si trovava, ma anche raccontano nei dettagli l’organizzazione di questa società. Prima di andare avanti, però, tocca specificare una cosa. Secondo le fonti, Sauval per descrivere la Corte dei Miracoli e la sua organizzazione si sarebbe a sua volta ispirato all’opera “Le Jargon ou Langage de l’Argot reformé”, un libretto burlesco scritto nel 1630 dallo scrittore francese Ollivier Chereau. Si tratta di un libretto dal tono scherzoso in cui l’autore descrive, sia sotto forma di dizionario, sia di canti, poesie e descrizioni parodistiche, la vita dei mendicanti, nello specifico quelli della Corte dei Miracoli, i loro usi e costumi e la loro lingua. 

Probabilmente è per questo che molti storici oggi ritengono alcune delle descrizioni di Sauval non del tutto attendibili, ma più assimilabili al mito e alla leggenda metropolitana. 

Ad ogni modo, leggenda o verità che sia, proprio rifacendosi a quest’opera Sauval dice che le Corti erano dei veri e propri luoghi senza legge in cui nemmeno la polizia si arrischiava ad entrare. Inoltre, come tutti i popoli, anche questi avevano una propria lingua, una sorta di slang che usavano per comunicare fra loro. La cosa più curiosa, però, è la descrizione della loro organizzazione gerarchica. Sauval infatti racconta che questa corte di furfanti, nonostante tutto, proprio per la sua ampiezza, era organizzata in classi e gerarchie. Il capo supremo veniva chiamato Coësre e, al di sotto, c’erano tutta una serie di gradi inferiori, tutti soprannominati con la loro lingua gergale. 

Per fare qualche esempio c’erano: 

  • i cagoux o arch-suppots, una sorta di luogotenenti del capo supremo, oltre che “professori” incaricati di insegnare il gergo e istruire i novizi nell’arte dei tagliaborse e cose del genere;
  • i mercandiers, ossia dei vagabondi falsi mercanti, che andavano in giro in coppia dicendo di essere stati rovinati da guerre, incendi e accidenti vari;
  • i rifodés, che andavano in giro accompagnati da finte mogli e finti figli, tenendo in mano un certificato che attestava che il fuoco del cielo aveva consumato la loro casa e tutti i loro beni
  • gli orphelins, ossia gli orfani, dei ragazzi che a gruppi di tre o quattro, camminavano per le strade della città tremanti e semi nudi;
  • i malingreux, ossia dei falsi malati che chiedevano l’elemosina nelle chiese;
  • i capons, ossia dei mendicanti che operavano nei cabaret o che scommettevano sul Pont-Neuf, invogliando la gente a giocare per far perdere loro i soldi;
  • i courtauds de Boutage, ossia dei mendicanti che avevano il diritto di mendicare solo d’inverno.

Quelli appena riportati sono solo alcuni esempi, perché la lista sarebbe ancora molto lunga. Se volete saperne di più vi rimandiamo a questo sito qui dove la cosa viene spiegata molto bene (seppur in francese). 

rappresentazione di un mendicante
Rappresentazione di un mendicante – p.d.

Detto questo, secondo Sauval, non tutti potevano essere ammessi al mestiere di tagliaborse (termine antico per indicare i borseggiatori). Per questo motivo, chi voleva diventarlo doveva passare due prove alla presenza dei cosiddetti “Maestri” (ossia gli esperti borsaioli). 

Anche se è un po’ lungo, vi rimando ad un estratto in cui Sauval stesso spiega la faccenda (molto complessa e alquanto assurda e fantasiosa) molto meglio di quanto potrei mai fare io: 

Il giorno stabilito per la prova si attacca al pavimento e alle travi di una camera una corda ben tesa dove sono appesi dei sonagli e una borsa: colui che vuole diventare maestro tenendo il piede destro su un piatto posato in basso alla corda e girando all’intorno il piede sinistro, deve riuscire a tagliare la borsa senza sbilanciare il corpo e senza far suonare i sonagli; se quello commette il minimo sbaglio lo si carica di botte; se non sbaglia diventa maestro. I giorni seguenti lo si picchia come se avesse fallita la prova al fine di temprarlo alle botte e si continua a percuoterlo sino a quando sia diventato insensibile. Per mettere in atto la seconda prova i suoi compagni lo conducono in qualche luogo spazioso e aperto al pubblico, come per esempio il cimitero dei Sants-Innocents. Non appena questi vedono una donna inginocchiata ai piedi della Madonna, con la sua borsa che le pende al fianco, o un’altra persona con una borsa facile da tagliare o qualcosa di simile facile da rubare, comandano di fare questo furto in loro presenza e davanti agli occhi di tutti. Non appena quello si appresta a compiere il furto, i suoi compagni gridano ai passanti indicandolo: «C’è un tagliatore di borse che sta derubando una persona». A questo avviso ognuno si ferma e lo guarda senza fare niente. Non appena quello ha commesso il furto i passanti e i delatori lo prendono, l’ingiuriano, lo picchiano senza che quello osi denunciare i suoi complici e facendo finta di non conoscerli. Nel frattempo una moltitudine di persone si raggruppa per vedere o per sapere cosa stia succedendo. Quel disgraziato e i suoi complici spingono le persone, le urtano e tagliano le loro borse, sondano le loro tasche e, facendo chiasso più di tutti i passanti insieme, sottraggano abilmente dalle loro mani il nuovo maestro e se ne fuggono con lui e con le cose rubate.”

La corte dei miracoli del film Disney

È ovvio che, nel leggere tutte queste descrizioni così particolari e anche abbastanza strambe, sia nata negli storici e negli studiosi l’idea che gran parte di esse siano, probabilmente, romanzate. Quindi, se è vero che le Corti dei Miracoli esistevano, è invece un po’ più annebbiato nel folto della leggenda e del mito tutta la descrizione appena riportata riguardante la sua organizzazione fatta da Sauval. 

Ciò che è certo, però, è che il classico Disney se la cava abbastanza bene nel tentare di ricreare questo luogo leggendario, almeno attenendosi alla parte storica della faccenda, a cui ho accennato all’inizio. Ciò in cui differisce è nel fatto che, mentre nella realtà si trattava di bassifondi, in questo caso sembra più essere una sorta di nascondiglio usato dalla comunità di Esmeralda e Clopin per sfuggire alla grinfie e alle ingiustizie di Frollo e dei suoi uomini. Tuttavia, almeno secondo la canzone cantata da Clopin quanto Quasimodo e Febo arrivano sul posto, il concetto base di Corte dei Miracoli sembra essere lo stesso che storicamente questo termine ha sempre avuto. 

Detto questo, siamo giunti alla fine di questo viaggio all’interno dei bassifondi parigini. Come sempre, se l’articolo vi è piaciuto fatecelo sapere condividendolo o commentando sui nostri canali social!

Fonti: