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Gli aristogatti – la storia e le origini della città di Timbuctù

“Andrete tutti a Timbuctù! Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia!”

Alzino la mano tutti coloro che, da piccoli, si sono chiesti dove diamine fosse Timbuctù e perché Edgar avesse intenzione di spedire i gattini proprio lì! 

Il nostro vecchio volpone, alias Edgar, del classico “Gli aristogatti”, infatti, nel finale del film è intento a preparare il baule, con dentro Duchessa e i gattini, con il chiaro intento di spedirli nell’esotica città malese. Salvo poi, con ogni probabilità, finirci lui! 

Timbuctù oggi è una cittadina del Mali, situata a 8 miglia dalle rive del fiume Niger. È una città dal clima e dal fascino tipici del deserto, situata alle porte del sabbioso deserto del Sahara. Ad oggi non è una città economicamente produttiva, però, è storicamente e architettonicamente molto importante, tanto da essere stata dichiara patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1988 e, purtroppo, nel 2012, a causa dei conflitti armati nella regione, è stata messa nell’elenco del patrimonio mondiale in pericolo dell’UNESCO.

Storicamente, come detto, è fra le città più cariche di storia del continente africano, per via del fatto che fu, nei secoli, importante crocevia commerciale di oro, avorio e schiavi, diventando, per alcuni, una sorta di Eldorado. Fu capitale dell’Impero del Mali, vi furono fondate moschee ed università e divenne un punto centrale per lo sviluppo della cultura islamica.

Ad oggi, come anche in passato, nonostante abbia un piccolo aeroporto, è difficile da raggiungere, tanto che la maniera migliore per arrivarci è a dorso di cammello o in barca.

Oggi, quindi, partiamo proprio a dorso di cammello, fra le sabbiose lande del Sahara, e andiamo a Timbuctù per scoprire la sua lunga storia, le sue lontane ed importanti origini e perché è diventata così famosa nel corso dei secoli, tanto che il suo nome è giunto fino a noi oggi

Preparate le borracce, andiamo a trovare il nostro rapigatto preferito! 

Le origini

I primi villaggi preistorici

Come detto, Timbuctù si trova vicino al fiume Niger nell’odierno Mali, in Africa occidentale e, sebbene la sua fondazione risalga al 1100 d.C., in realtà, alcuni ritrovamenti e resti di villaggi testimoniano che quell’area sembrava essere abitata già nel lontano Neolitico. Questo perché, probabilmente, il fiume inondava quelle zone rendendole fertili e, quindi, coltivabili. Secondo gli studi si coltivavano il riso e i cereali e si estraeva il rame, che poi veniva commerciato sulle rotte trans – sahariane durante il primo millennio d.C. 

La fondazione e la leggenda di Buktu

Dipinto di Timbuctù
Dipinto di Timbuctu – Credits to: https://nypl.getarchive.net/media/timbuktu-f4a050

La fondazione vera e propria della città risale, come detto, al 1100 d.C. ad opera dei Tuareg, i pastori nomadi del Sahara, che consideravano quella zona vantaggiosa per le rotte commerciali, data la vicinanza al fiume. Sull’origine del nome, ossia Timbuctù, aleggia un’antica leggenda. Secondo la storia, infatti, i pastori scavarono un pozzo in questo luogo e vi lasciarono a guardia una donna anziana di nome Buktu, con l’ordine di sorvegliarlo quando essi erano lontani fra le sabbie del Sahara. A questo punto ci sono più versioni. Secondo una versione la parola nel linguaggio dei Tuareg per indicare ‘posto’ è ‘Tin’ e quindi “Timbuctù” deriverebbe dal nome che i Tuareg avevano dato al posto ossia, “Tin’Buktu’ che significherebbe “il posto di Buktu”. Secondo altre versioni il nome intero della donna era proprio Tomboutou o Timbuktu, che però significava  “madre con un grande ombelico” ad indicare, probabilmente, una persona con qualche malformazione fisica. Secondo un’altra versione ancora, forse più probabile, semplicemente il termine prima significava “luogo tra le dune”. 

Timbuctù, l’Eldorado d’Africa durante l’Impero del Mali

Tra la fine del 13° e l’inizio del 14° secolo Timbuctù venne incorporata nei possedimenti dell’Impero del Mali e fu allora che iniziò il suo periodo di massimo splendore e ricchezza, diventando un crocevia importante sia commercialmente che culturalmente. 

Storia della città di Timbuctù - disegno di Timbuctù
Disegno di Timbuctù – P.d.

Oro, avorio e merci preziose

In quel periodo, infatti, l’Impero malese stava diventando uno degli imperi più grandi e più ricchi di tutta l’Africa occidentale, in particolare proprio grazie al controllo delle rotte commerciali che collegavano l’Africa occidentale e centrale a quella del Nord. Fu per questo che Timbuctù divenne così importante. Trovandosi vicino al fiume divenne il crocevia delle carovane e quindi degli scambi fra l’Africa settentrionale e quella occidentale. Diventò una delle città più importanti dell’impero, tanto che da Timbuctù spesso partivano enormi carovane di cammelli, che trasportavano le merci o che arrivavano via fiume per poi proseguire il percorso. Questo, di fatto, la fece diventare una vera e propria città cosmopolita e multiculturale, in cui si incontravano sia gruppi come i berberi o i sudanesi, che tanti altri gruppi etnici che, commerciando, passavano di lì o, addirittura, vi si stabilivano. Inoltre, dati i contatti con i mercanti arabi, pian piano ci fu la conversione all’Islam e così, l’Impero malese, e data la sua importanza strategica anche Timbuctù, furono fondamentali nella diffusione dell’Islam e della sua cultura in tutta l’area dell’Africa occidentale. Cosa che, come vedremo a breve, si riscontra anche dai resti archeologici. 

Timbuctù, quindi, essendo fondamentale per il commercio, vide passare fra le sue strade merci che dire preziose è dire poco. Innanzitutto la più importante era senza dubbio l’oro; ma oltre a questo passavano da lì anche altre mercanzie come il sale, merce molto apprezzata e di grande valore a quel tempo; e poi il preziosissimo avorio, rame, tessuti e stoffe, animali come ad esempio i cavalli, cristalli e perline, armi, spezie e cereali, noci di cola e schiavi; questo solo per citarne alcuni. I pagamenti spesso avvenivano tramite lingotti di oro o rame o anche tramite sale o avorio. Questo per darvi un’idea della ricchezza enorme che rendeva importante la città.

Moschee e università 

Moschea Dijinguereber
Moschea Djinguereber – pic.credits to: By Flickr user: Emilio Labrador Santiago de Chile CC BY 2.0

Durante questi secoli di splendore e, nello specifico, durante il regno dell’imperatore del Mali Mansa Musa I, nei primi decenni del 300, a Timbuctù venne costruita una grande moschea, la Moschea Djinguereber, su volere del sovrano che fece costruire anche un palazzo reale, il Madugu, che però è andato perduto. Vennero costruite, successivamente, anche altre moschee, la Moschea di Sidi Yahya e quella di Sankore. Purtroppo, le prime due di queste tre sono state distrutte dai fondamentalisti islamici nel 2012 e, ad oggi, si è riusciti a ricostruire solo quella di Djinguereber. Queste tre moschee formavano, insieme, il centro di studi universitario di Timbuctù. 

Fra le altre cose, Mansa Musa fece costruire anche le mura di fortificazione per proteggere la città dalle invasioni dei Tuareg. Tutti gli edifici, comunque, vennero costruiti in terra battuta, legno e altri materiali organici, tutti tipici di quei luoghi. Le moschee erano (e per quelle rimaste in piedi sono) imponenti e avevano grandi porte in legno. 

Timbuctù luogo di apprendimento

Storia della città di Timbuctù - antica cartolina della moschea Sidi Yahya
Antica cartolina della Moschea Sidi Yahya – p.d.

Ovviamente, grazie ai commerci, al circolo di persone, agli scambi e alla costruzione delle moschee, anche la cultura ne beneficiò e Timbuctù divenne un’importante centro culturale e di studio, in particolare islamico. Fra gli studiosi, uno molto noto fu Sharif Sidi Yahya al Tasiti che divenne poi anche il santo patrono della città. Fra i vari studi portati avanti vi era non solo la teologia, ma anche diritto, storia, geografia, lingua, astronomia e medicina, quest’ultima, tra l’altro, molto studiata, tanto che i medici di Timbuctù erano molto famosi a quel tempo. Inutile dire, quindi, quanto fosse enorme anche la quantità di manoscritti e libri importanti presenti lì, alcuni dei quali giunti fino a noi oggi. Nel 1450 la città era diventata un luogo importante sia per il commercio, che per lo studio e contava una popolazione di 100.000 abitanti di cui 25.000 erano studiosi. 

Il declino di Timbuctù

Nel 1468 la città venne conquistata dal sovrano del Songhai (un popolo che proveniva dall’Africa sub – sahariania), Sonni ‘Ali e nel 1591, invece, venne conquistata dal sultano del Marocco evento che, di fatto, fece iniziare la vera e propria era della decadenza. I marocchini, infatti, non vedevano di buon occhio gli studiosi e li fecero arrestare mandandoli, poi, in esilio. Da quel momento Timbuctù venne ripetutamente attaccata dai popoli vicini, come ad esempio i Tuareg. Entro la metà del 15° secolo ci si misero anche i portoghesi, che iniziarono ad avere accesso alle miniere d’oro, riducendo, quindi, le possibilità commerciali ed economiche della città. Insomma, tra alti e bassi, entro la fine del 18° secolo, era ormai diventata un posto povero e desolato. 

L’arrivo degli europei

René Auguste Caille vestito da Arabo - timbuctù
René Auguste Caille vestito da arabo in un disegno del libro: “Travels through Central Africa to Timbuctoo; and across the Great Desert, to Morocco, performed in the years 1824–1828.” – p.d.

Gli esploratori europei raggiunsero la vera e propria città di Timbcutù nel 19° secolo. Il primo ad arrivare fu l’esploratore scozzese Gordon Laing, che però venne ucciso due giorni dopo aver lasciato la città. A lui seguì il francese René Auguste Caille nel 1828. Quest’ultimo, in particolare, conosceva la lingua del luogo e raggiunse la città travestito da arabo. Fu il primo occidentale che riuscì a tornare in Europa dopo averla vista. A lui seguì il geografo tedesco Heirinch Barth, che la raggiunse durante un viaggio di cinque anni attraverso l’Africa. Anche lui fu bravo a non lasciarci le penne e riuscì a riportare notizie in Occidente. Alla fine i francesi la conquistarono nel 1894 e restaurarono la città, che ormai era sostanzialmente desolata. In seguito, entrò a far parte della Repubblica indipendente del Mali nel 1960 e oggi è un centro amministrativo minacciato costantemente dall’avanzata delle sabbie del Sahara e dalle guerre. 

Il mito di Timbuctù

Dopo questa storia è facile comprendere perché Timbuctù abbia assunto un’aria così affascinante e mitologica. Ed è anche facile capire perché Edgar volesse mandare i gatti proprio lì. Considerato che è difficile arrivarci ancora oggi, nel 2022, sicuramente Madame non li avrebbe trovati più. 

Storia della città di Timbuctù: Ritratto di Leone l'africano
Ritratto presunto di Leone l’Africano – p.d.

La sua notorietà, però, si sviluppò anche da molti racconti che, nel corso dei secoli ,arrivarono alle orecchie degli occidentali che, affamati di ricchezze com’erano, di certo subivano il fascino di un posto del genere, immerso fra le sabbie e colmo di cose che a loro parevano favolose, come effettivamente era. Già nel Medioevo, infatti, molti viaggiatori musulmani l’avevano descritta nelle proprie opere. Fra i tanti esploratori, ricordiamo, ad esempio, il viaggiatore e storico marocchino Ibn Battuta, uno dei più grandi viaggiatori di tutti i tempi, che la visitò riportandola, poi, nei suoi racconti, descrivendola dettagliatamente in tutti i suoi aspetti. Altro celebre viaggiatore fu l’arabo Leone Africano che ne descrisse le grandi ricchezze. 

Ecco perché sono poi nate espressioni come: “andare fino a Timbuctù”, per indicare luoghi lontani e difficili da raggiungere. Insomma, l’aurea di mistero e di fascino, legata al fatto che fosse (e ancora oggi è) difficile da raggiungere e i racconti mitici e leggendari tramandanti dai viaggiatori, hanno contribuito a costruirne il mito che ancora oggi aleggia, affascinando la fantasia di molti.

E a proposito dell’Africa e di luoghi mitici, se vi piacciono gli argomenti di questo tipo, ne approfitto per rimandarvi ad un nostro vecchio articolo in cui si parla di un’altra storia simile! 

E a voi piacerebbe visitare Timbuctu? Magari arrivandoci a dorso di cammello? Potete risponderci, raccontandoci anche se l’articolo vi è piaciuto, commentandolo e condividendolo sui nostri canali social! 

Fonti: