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C’era una volta: 9 versioni della fiaba “La bella e la bestia” in giro per il mondo

Scopriamo quali sono le versioni più antiche e particolari di una delle fiabe più amate di tutti i tempi: “La bella e la bestia”

“C’era una volta un mercante che era ricco sfondato. Aveva sei figliuoli, tre maschi e tre femmine; e siccome era un uomo che sapeva il vivere del mondo, non risparmiò nulla per educarli e diede loro ogni sorta di maestri. Le sue figlie erano bellissime: la minore soprattutto era una maraviglia, e da piccola la chiamavano la bella bambina, e di qui le rimase il soprannome di Bella, che fu poi cagione di gran gelosia per le sue sorelle.”

Questo è l’incipit di una delle fiabe più note e amate di tutti i tempi: “La bella e la bestia”. Per la precisione si tratta dell’inizio di quella che, probabilmente, è la versione più nota e famosa della fiaba, della nota scrittrice francese Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, a cui si sono ispirati gli artisti Disney per creare l’omonimo classico, annata 1991, che, oltre ad essere uno dei più famosi fra i film della casa di Topolino, è sicuramente uno dei più amati. 

Oggi, quindi, come avrete intuito, riprendo finalmente quella che è forse la mia rubrica preferita del blog, “C’era una volta”. Per chi non lo sapesse, in questa rubrica analizzo, non solo, la fiaba originale a cui il classico Disney si ispira, ma vado a rispolverare anche altre versioni della stessa fiaba in giro per il mondo. Ogni fiaba, infatti, spesso, ha una miriade di versioni diverse e quella a cui si ispira il classico è solo una in un mare di varianti. Un esempio lampante è quella di Cenerentola, di cui vi ho parlato nel primo articolo della rubrica, che potete trovare qui, o quella di Aladdin, che ho analizzato qui. 

Come queste due appena citate anche “La bella e la bestia” ha la sua buona dose di versioni e quella di Beaumont, di cui vi parlerò bene più avanti, è solo la più famosa di tutte. Inoltre, è anche una delle più studiate e analizzate da studiosi e storici del folclore.

Quindi, preparate i vostri calessi, e addentriamoci in silenzio nel maestoso castello incantato della bestia. 

1 – Amore e Psiche 

Amore e Psiche - versioni fiaba la bella e la bestia
Amore e Psiche, Jacopo Zucchi – p.d.

Lo dice la stessa canzone nel classico Disney quando, riferendosi alla fiaba, la descrive come “as old as time”, ossia vecchia quanto il tempo. Ed infatti, per trovare l’origine de “La bella e la bestia”, bisogna andare molto indietro nel tempo.

Molti studiosi sono infatti concordi nel dire che un primo esempio di storia con questo tipo di leitmotiv, ossia di motivo conduttore comune, sia la fiaba di “Amore e Psiche”

Secondo loro, proprio questa è una delle versioni originali, se non addirittura la prima in assoluto, de “La bella e la bestia”. 

Questa fiaba si trova all’interno di una delle opere maggiori dell’autore romano Apuleio, le “Metamorfosi”, anche conosciuta con il titolo “L’asino d’oro”. Si tratta di un romanzo, risalente al II secolo d.C., al cui interno si trovano varie novelle e fiabe mitologiche, tra cui anche quella succitata. La storia, secondo altri studiosi, sarebbe, in realtà, molto più antica, ma solo dopo che fu messa in forma scritta in quest’opera divenne effettivamente conosciuta. 

In questa primissima versione Psiche è la figlia bellissima di alcuni regnanti di un luogo lontano e ha due sorelle. La sua bellezza, però, fa infuriare la dea Venere che, per punirla, ordina a suo figlio Amore di scagliarle una freccia e far si che si innamori di un mostro. Questi, però, sbaglia la mira e colpisce il suo stesso piede, innamorandosi perdutamente della fanciulla. Dopo una serie di vicissitudini Amore decide di portare Psiche nel suo palazzo, dove la tratta come una regina e dove i due trascorrono la notte insieme, senza però mai rivelare alla giovane la propria identità. I loro incontri, infatti, non solo avvengono sempre al buio, ma Amore fa promettere a Psiche di non tentare mai né di vederlo né di conoscerne il nome. 

La ragazza, inizialmente, accetta perché felice ed innamorata del misterioso amante. Senonché, ad un certo punto, le due sorelle della giovane, invidiose della fortuna e della ricchezza di Psiche, le instillano il dubbio che in realtà il suo amante misterioso sia un mostro e che prima o poi tenterà di farla fuori. Le consigliano, quindi, di agire per prima e ucciderlo. Psiche, dopo i primi tentennamenti, una notte si lascia convincere e, mancando al patto, scopre il volto dell’amato. Il dio a questo punto fugge e lei disperata tenta il suicidio. Tuttavia, dopo una serie di prove e vicissitudini, la giovane viene perdonata e accolta tra gli dei. Per scoprire l’intera fiaba vi rimando al testo qui

Pur essendo in molte parti diversa dalla fiaba de “La bella e la bestia” moderna che conosciamo noi, in realtà già qui troviamo alcuni chiari elementi che la accomunano e che possono aver ispirato le versioni successive. 

2 – La ragazza che sposò un serpente 

Prima pagina di una delle più vecchie versioni in sanscrito del Panchatantra
Prima pagina di una delle più vecchie versioni in sanscrito dell’opera – p.d.

Secondo alcuni studiosi, un’altra delle versioni più antiche della fiaba sarebbe da ricercarsi, in realtà, in un’antichissima opera indiana, scritta addirittura in sanscrito, il Pañchatantra. Si tratta di una raccolta di favole indiane, probabilmente risalente agli anni che vanno dal 100 a.C. al 500 d.C., ed è una delle opere più famose e importanti del paese, oltre che una delle opere e delle raccolte di fiabe fra le più antiche dell’India. 

In questa versione la bestia è figlio di una coppia che, dopo aver tentato numerose volte di avere figli, riesce ad averne uno, ma questi nasce sotto forma di serpente. Ovviamente la cosa crea scandalo nel villaggio e tutti consigliano alla coppia di disfarsi del sinuoso figlio perché, a loro dire, si tratterebbe di un demone. La madre, però, rifiuta, decide di allevarlo e questi cresce sano e forte. Passati alcuni anni, la donna decide che è giunta l’ora, per il serpentesco giovane, di ammogliarsi e prega il marito di cercargli una moglie. Questi cerca di farle capire che è altamente improbabile che una ragazza accetti un serpente per marito ma la donna non sente ragioni e l’uomo parte alla ricerca di una giovane. Dopo aver cercato in lungo e in largo, l’uomo arriva in una città dove incontra un suo amico d’infanzia che decide di ospitarlo a casa sua. Una volta venuto a conoscenza del motivo del viaggio e non sapendo che il figlio del suo amico è un serpente, immediatamente decide di concedergli la mano di sua figlia. Il pover’uomo, che è disgraziato si, ma non è disonesto, cerca di spiegare all’amico che sarebbe meglio per lui vedere prima il figlio e non accettare a scatola chiusa. Ma questi, certo dell’onesta e della bravura tanto dell’uomo quanto del figlio, non vuol sentire ragioni e manda la figlia con lui. La storia si dilunga, ma vi basti sapere che la ragazza sposa il serpente e poi scopre che di notte questi si spoglia della pelle di serpente e diventa un giovane bellissimo, per poi ritornare serpente al levar del sole. Per conoscere l’intera fiaba vi rimando a questo sito qui, dove potete trovarla in inglese.

3 – La bella e la bestia di Villenueve

Illustrazione La bella e la bestia di Walter Crane -  versioni fiaba la bella e la bestia
Illustrazione per La bella e la bestia di Walter Crane – p.d.

Queste prime due descritte sono le varianti più antiche della fiaba. Per arrivare alla versioni più moderne, quelle che poi somigliano molto di più alla storia che conosciamo noi, dobbiamo aspettare al 1740 quando la scrittrice francese Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve pubblica una raccolta di fiabe dal titolo “La jeune américaine et les contes marins” al cui interno c’è quella che è riconosciuta dagli storici come la ‘versione moderna’ più antica della fiaba (perdonatemi il gioco di parole).

In questa versione iniziamo a ritrovare la Belle che ben conosciamo, figlia di un ricco mercante vedovo, padre di sei figli maschi e sei figlie femmine. Un giorno il mercante va in rovina, perché le sue navi affondano, e decide di trasferirsi, armi, prole e bagagli, in campagna. Dopo qualche anno di vita campestre gli giunge la notizia che una delle imbarcazioni pare essere sopravvissuta e prima di partire per appurare la cosa, chiede ai figli e alle figlie quali doni vogliono che gli porti al suo ritorno. Come potete immagine, la figlia minore (e la più bella di tutte) chiede una rosa. La storia è molto lunga da spiegare vi basti sapere che il padre, dopo una serie di vicissitudini, s’imbatte nel castello della bestia, dove viene trattato benissimo ma, nel far ritorno a casa, coglie nel giardino del castello una rosa per la figlia minore. Questo, manco a dirlo, provoca l’ira del mostro, padrone del castello, una bestia coperta di squame e con la proboscide. Ora, come potete immaginare, Bella è costretta a pagare per l’impudenza del padre e finisce prigioniera nel castello, dove però viene trattata come una regina e ogni sera, a cena, riceva la visita della Bestia che scopre essere, tutto sommato, di indole gentile e tranquilla. Questi, però, ogni sera prima di salutarla, le chiede, senza mezzi termini, di passare la notte insieme. Belle, però, ogni sera rifiuta. Allo stesso tempo, però, ogni notte la giovane sogna di un giovane bellissimo che dice di amarla e le consiglia di non lasciarsi ingannare dalle apparenze. Sempre di notte, riceve anche la visita di una fata che le fa le stesse raccomandazioni. Dopo una serie di lunghe vicissitudini, tra cui il momentaneo ritorno a casa della giovane, nel tornare al castello, la ragazza scopre di amare la bestia e accetta, finalmente, di passare la notte con lui. Il mattino dopo, però, nel letto non trova il mostro, bensì lo sconosciuto giovane che aveva sempre sognato durante la notte. La storia, però, non finisce qui come tutti potremmo aspettarci, perché si dilunga raccontando sia tutta la storia della Bestia e di come sia stato maledetto, sia quella di di Belle, che si scopre essere una sorta di cugina della Bestia, nonché nipote della fata succitata. Insomma, la storia continua con una serie infinita di sorprendenti colpi di scena. Per conoscerla tutta vi rimando a questo sito qui

4 – La bella e la bestia di Beaumont

La bella e la bestia illustrazione di Warwick Goble - versioni fiaba la bella e la bestia
La bella e la bestia – Illustrazione di Warwick Goble, p.d.

La versione della fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont è quella classica che conosciamo tutti e a cui si sono ispirati gli artisti Disney per il nostro amato classico. 

La Beaumont riprese la fiaba della Villenueve, la riscrisse e la pubblicò nel 1756 nell’opera “Magasin des enfants”. Rispetto alla versione precedente questa è innanzitutto più breve. Ad esempio, tutta la parte finale, dove viene raccontato il “prequel” della storia sia di Belle che della Bestia, viene omessa. Poi, il mercante non ha 12 figli ma 6, di cui tre femmine (di cui una è Belle) e 3 maschi. Inoltre, la bestia, quando si reca a far visita a Belle la sera, in maniera un po’ più diplomatica, invece di chiederle direttamente di andare al sodo e di passare la notte insieme, le chiede di sposarlo. Infine, manca totalmente tutta la faccenda dei sogni notturni della giovane e la Bestia diventa principe quando Belle ammette di essersi innamorata di lui, proprio come nel film, e non dopo che i due passano la notte insieme.

Se volete leggerla potete trovarla qui nella traduzione fatta da Carlo Collodi. 

5 – Rosina Imperatrice – la bella e la bestia siciliana

Rosina Imperatrice - versioni fiaba la bella e la bestia
Credits to: https://fiabe.fandom.com/it/wiki/Rosina_Imperatrice

Le storie elencate fino ad ora sono quelle che possiamo definire le varianti “originali”. Quella di cui vi parlo ora, invece, è una variante italiana, per la precisione siciliana, raccolta dallo scrittore ed etnologo siciliano Giuseppe Pitrè nella sua raccolta “Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani”. 

Anche in questo caso la giovane è la bella figlia di un mercante che ha, in tutto, tre figlie. Si chiama Rosina, anche in questo caso le sorelle la odiano e il padre, dopo essere andato in rovina, partendo promette alla figlia di portarle una rosa in dono al suo ritorno. 

La storia è grossomodo la stessa; le differenze sono che, quando Rosina si reca nel palazzo della bestia, viene fatta accomodare in un appartamento del castello al cui interno trova scritto ovunque “Rosina imperatrice” (ammettiamolo, un po’ inquietante come cosa). Un’altra differenza è che la giovane si reca a casa non solo perché il padre è malato, ma anche perché le sorelle si sposano e, quando vi si reca, appare talmente cambiata, negli abiti principeschi che la Bestia le dona, che nessuno la riconosce. Altra differenza è che la Bestia non è né un principe né un re, bensì un imperatore. Anche in questo caso, se volete conoscere tutta la storia, vi rimando a questo sito qui, dove la trovate in italiano e a questo qui dove, alla pagina 564, la trovate in dialetto siciliano. 

6 – Il giardino d’estate e d’inverno – la bella e la bestia dei fratelli Grimm

Ovviamente, quando si tratta di fiabe, non possono mancare i fratelli Grimm. 

Anche loro, infatti, pubblicarono, nella loro prima raccolta datata 1812, una versione della fiaba de “La bella e la bestia” sotto il titolo “Von dem Sommer- und Wintergarten” in italiano “Il giardino d’estate e d’inverno”. La storia è pressoché la stessa, con alcune differenze. Anche qui il mercante ha tre figlie e, prima di partire per andare ad una fiera, chiede loro cosa vogliono. La terza e più piccola chiede una rosa. La prima differenza riguarda, proprio questo aspetto perché, in questa versione della fiaba è inverno e quindi il mercante fa difficoltà a trovare il prezioso fiore. Sulla via del ritorno s’imbatte nel castello della bestia e, altra differenza, il palazzo ha un giardino dove per metà è inverno ed è coperto di neve e per metà è estate ed è pieno di rose e altri fiori. Proprio in questo lato il mercante trova la rosa. Ulteriore aspetto che si discosta riguarda proprio il mercante che, contrariamente alle altre versioni, pensa di poter ingannare la bestia, le fa credere di mandarle la figlia, ma di fatto quando torna a casa fa finta di niente e alle giovani non racconta nulla della sua disavventura. Ecco, quindi, che un’altra differenza sta anche nel modo in cui la giovane finisce prigioniera al castello. È infatti la Bestia stessa che si reca a casa del mercante e rapisce letteralmente la giovane portandosela con se. Il resto, a parte alcuni piccoli dettagli, è sostanzialmente simile. Qui potete trovare una versione in inglese della fiaba se volete leggerla. La trovate a pagina 272 sotto il nome inglese “The Summer and the Winter Garden”. 

7 – Zelinda e il mostro 

versioni fiaba la bella e la bestia
Frontespizio dell’opera di Nerucci – p.d.

Fra le varianti italiane vi è anche “Zelinda e il mostro”, una versione raccolta dallo storico e letterato italiano Gherardo Nerucci e inserita nella sua opera “Sessanta novelle montalesi”, nel 1880. Una curiosità molto particolare da specificare a proposito è che, in realtà, all’interno di quest’opera Gherardo inserì anche un’altra variante, dal titolo “Bellindia“, che si disposta di poco nella trama da Zelinda, a parte che per pochi dettagli. Successivamente Italo Calvino, quando pubblicò la sua opera “Fiabe italiane”, ne inserì una dal titolo “Belinda e il mostro”, che sembra essere un’ulteriore variante della fiaba di Zelinda e Bellindia. La cosa è confermata dal fatto che Calvino usò l’opera di Gherardo come parte delle fonti a cui attinse per creare la sua raccolta. Ad ogni modo, anche in questo caso le differenze sono poche e la fiaba si discosta di poco dalle altre due. Inoltre, tutte e tre queste varianti sono originarie della toscana. Per questo motivo, per non essere ripetitiva e data la somiglianza, vi parlerò solo di Zelinda, la prima che appare in origine cronologico fra le tre. 

In questa variante il padre della giovane protagonista viene presentato semplicemente come un uomo povero, anche in questo caso padre di tre figlie: Rosina, Marietta e Zelinda. A differenza di altre versioni, però, il padre e le sorelle di Zelinda fanno la loro comparsa solo ad inizio fiaba e, man mano che si va avanti, escono di scena, tanto che non viene mai raccontato il ricongiungimento della protagonista con la famiglia. Anche in questo caso il padre parte per andare ad una fiera, ciascuna delle figlie chiede un regalo e anche qui, come in altre versioni, Zelinda chiede una rosa. La trama prosegue come di consueto, finché il padre di Zelinda prova a prendere una rosa dal giardino della bestia e viene sorpreso da quest’ultima. Proprio con la bestia troviamo la prima grande differenza: in questa versione, infatti, la bestia è un enorme dragone che propone al padre questo scambio: o gli porterà Zelinda per mangiarsela, oppure il dragone ucciderà lui. Ovviamente, anche qui, quando la cosa viene scoperta, Zelinda si offre volontaria per il sacrificio. Tuttavia il dragone, invece di mangiarla, la tratta con tutti i riguardi finché, un giorno, le chiede di sposarlo. Zelinda, che pure con il passare del tempo si è affezionata, inizialmente rifiuta, nonostante tutte le promesse fattegli dal dragone di cose meravigliose che potrebbero accadere nel caso lei accettasse. Altra differenza rispetto ad altre varianti, simile al classico Disney, è che Zelinda scopre che il padre è malato attraverso uno specchio incantato. A differenza di altre versioni e del film, però, Zelinda a questo punto accetta di sposare il dragone a patto che questi salvi il padre. Ciò detto il mostro, come d’incanto, si trasforma in un bellissimo principe. Questi allora le racconta che proviene da un regno chiamato Regno delle Pomarance e di essere stato trasformato in un dragone da una vecchia strega. Solo una proposta di matrimonio accettata avrebbe potuto spezzare l’incantesimo. A questo punto i due novelli fidanzati vanno prima dal padre di Zelinda e lo guariscono e poi si recano nel Regno delle Pomarance. 

Una volta qui, un po’ sull’esempio di Villenueve, la fiaba continua fra alterne vicende e i due sono oggetto di numerose altre peripezie, molto Pollicino style, prima di ricevere il loro lieto fine. Per conoscere l’intera fiaba vi rimando a questo sito qui, dove potete leggerla per intero. 

8 – La fanciulla e la bestia (A menina e o bicho), una bella e la bestia portoghese

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Frontespizio dell’opera di Pedroso – Credits to: Fiabe.Fandom

 

Una variante davvero molto sui generis e interessante da riportare è “A menina e o bicho”, traducibile in italiano come “La fanciulla e la bestia”. Questa versione è stata raccolta dallo storico, etnografo e folclorista portoghese Zófimo Consiglieri Pedroso nella sua opera “Racconti popolari portoghesi”, pubblicata nel 1910. 

Questa versione, a suo modo, come vedrete, ha tutti gli elementi classici che qualsiasi “La bella e la bestia” che si rispetti deve avere, fatta eccezione per il finale. La cosa più sorprendente, infatti, è che qui non c’è un lieto fine. Ma senza fare troppo spoiler andiamo con ordine. 

Prima di andare avanti, però, tocca fare una piccola premessa. Mentre facevo le ricerche riguardo questa fiaba mi sono resa conto che ci sono delle discordanze riguardo l’aspetto della bestia. Questo, probabilmente, è dovuto ad errori di traduzione. In portoghese, infatti, la parola “bicho” viene usata innanzitutto per indicare un insetto, tuttavia può significare anche animale o, appunto, bestia. Ora, in alcune traduzioni in inglese e spagnolo di questa fiaba l’aspetto della bestia è stato tradotto con “insetto” o con “scarafaggio”, mentre in altre semplicemente come “animale”. Specifico anche che, al momento, non ci sono traduzioni in italiano di questa fiaba. Ad ogni modo, molte traduzioni inglesi di vari studiosi traducono la parola con “scarafaggio”. 

Per quanto riguarda la trama anche qui ritroviamo gli elementi tipici: un uomo con tre figlie che parte per una fiera e le tre figlie che chiedono ognuna un regalo al suo ritorno. La prima differenza è proprio qui: la bella in questione, la più piccola, inizialmente non chiede nulla in regalo, se non che il padre torni salvo a casa e che goda di buona salute. Poi, però, su insistenza del genitore e per evitare che questi continui a pressarla con le sue domande, la giovane chiede “una fetta di scarafaggio da un prato verde”. Il padre va alla fiera, trova i regali per le altre due figlie e, quando si tratta della fetta di scarafaggio da un prato vede, ovviamente non trova nulla e, sconsolato, decide di tornare a casa a mani vuote. Tuttavia, sulla via del ritorno, scorge un palazzo in lontananza e, chiesto ad un pastore che incontra di che palazzo si tratti, questi risponde che si tratta di una dimora vuota dove non si reca mai nessuno perché la gente ne ha timore. Ovviamente l’uomo se ne infischia degli avvertimenti e si reca al palazzo. Una volta entrato trova una tavola imbandita e subito sente riecheggiare una voce dal nulla che gli dice di mangiare, coricarsi e riposarsi. Lo avverte, inoltre, che il mattino seguente al suo risveglio troverà sulla tavola ciò che la figlia gli ha chiesto come regalo, che potrà portarlo con se ma che, dopo tre giorni, in cambio, dovrà portare la figlia lì al castello. Altra grande differenza, rispetto alle altre versioni, è che qui la bestia resta per quasi tutto il tempo una voce che appare dal nulla di volta in volta. Solo alla fine della storia compare in carne ed ossa sulla scena. La storia a questo punto procede in modo simile alle altre con la ragazza che si reca con il padre al castello e li è costretta a restare. A questo punto, come in altre versioni, la ragazza viene avvertita di alcuni avvenimenti che accadono a casa sua mentre lei non c’è. Solo che al posto dello specchio magico, ad avvertirla è il canto di un uccellino che l’avverte per due volte, con un canto melodioso, che le due sorelle si sposano; e una volta, con un canto triste, che il padre sta per morire. Tutte e tre le volte la voce/bestia la lascia andare a patto che torni da lei e tutte e tre le volte manda a riprenderla un cavallo bianco. Tutte le volte le due sorelle non vogliono che la sorella se ne vada e tentano di dissuaderla dal tornare dal mostro. La terza volta, grazie ad uno stratagemma, riescono a trattenerla. La ragazza, infatti, si addormenta e quando arriva il cavallo a riprenderla le sorelle non la svegliano, cosicché il bianco destriero torna al palazzo senza di lei

Quando la ragazza si risveglia dimentica tutto del suo passato. Anche in questo caso tocca fare una piccola precisazione: in tutte le versioni che ho trovato la ragazza dimentica tutto perché le sorelle le tolgono un anello che portava. Non viene mai specificato dove ha preso l’anello e a cosa serva, ma viene sottinteso nel testo che sia stata la bestia a darglielo per ricordarsi di lei. A questo punto i giorni passano e la ragazza, senza alcuna memoria del passato, vive felicemente con le sorelle finche queste un giorno, probabilmente pentite dell’inganno perpetrato, le ricordano del cavallo bianco e le ridanno l’anello. A quel punto la ragazza ricorda tutto e disperata torna al castello. Tuttavia, una volta lì, in giardino trova la bestia, un’enorme scarafaggio in alcune traduzioni, morente in giardino. Questi, appena la vede, la manda via in malo modo e maledice lei e le sue sorelle per non aver mantenuto la promessa. Detto questo muore. La povera fanciulla, disperata, torna a casa e si lascia morire di dispiacere e di fame. Le sorelle, causa di tutti questi guai, finiscono per vivere una vita povera e misera per il resto dei loro giorni. La storia finisce così. Conscia di avervi lasciato tutti sconvolti, angosciati e senza parole, se proprio non potete farne a meno e vi struggete dalla masochistica voglia di leggere questa “particolare” versione, potete farlo qui, la trovate in inglese a pagina 41. 

9 – Lo Zarevic incantato, una bella e la bestia russa 

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Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev – p.d.

L’ultima versione che vi riporto ci fa volare fino in Russia. Questa fiaba, il cui titolo in italiano è traducibile come “Lo Zarevic (o Tsarévich) incantato”, fu raccolta dallo storico e studioso del folclore russo Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev nella sua opera “Fiabe popolari russe”, compilata tra il 1855 e il 1864.

La parola Zarevic, o Tsarévic, sta ad indicare il figlio di uno zar, quindi un principe russo. 

Anche in questa versione la bella è figlia di un mercante e ha due sorelle e, anche in questo caso, la figlia gli chiede di ritorno da un viaggio un fiore. Tuttavia non una rosa, ma uno specifico fiore da lei disegnato. Il padre, come sempre, lo trova all’interno di uno splendido e maestoso palazzo mentre si trova sulla via del ritorno e, pensando di non essere visto da nessuno, lo coglie. Anche in questo caso compare una bestia, che in questa versione è un enorme serpente alato a tre teste, che promette all’uomo perdono solo se gli porterà la prima persona che incontrerà una volta giunto a casa. Ovviamente la prima persona che l’uomo incontra è la figlia minore. Una volta portata la figlia al palazzo le cose si svolgono in maniera simile alle altre versioni, fatta eccezione per alcuni piccoli dettagli. Quando, ad esempio, la ragazza va a dormire, per tre notti di seguito le compare il grosso serpente alato che le ordina la prima sera di portare il materasso fuori la porta e di dormire sulla rete; la seconda sera di portare il suo proprio letto accanto a quello della ragazza; e la terza di dormire con lei nello stesso letto. 

Il mattino del terzo giorno il serpente decide di lasciarla andare dal padre e dalle sorelle con la promessa di tornare la sera stessa da lui. Se tarderà, anche in questo caso, il mostro morirà di dolore. La ragazza promette ma, come in altre versioni, le sorelle, invidiose, la convincono a restare un giorno in più. Il risultato è che quando la ragazza il giorno dopo torna al palazzo trova il mostro morente in giardino. Tuttavia, visto che a quanto pare i russi hanno un cuore più sdolcinato dei portoghesi, in questo caso le lacrime e i pianti disperati della ragazza salvano il mostro che si trasforma in un principe. Quindi i due si fidanzano e tutti vissero felici e contenti. 

Se volete leggere la storia per intero la trovate in inglese qui

Siamo giunti, per ora, alla fine di questo breve excursus. Ovviamente, inutile dirvi che ci sono un’infinità di particolarissime varianti di questa fiaba. E mi riprometto di aggiungerne altre nei prossimi tempi. 

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