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5 tradizioni natalizie da scoprire nel ‘Canto di Natale di Topolino’

Natale è arrivato anche quest’anno e con lui l’occasione di rivedere quel piccolo tesoro disneyano che è il Canto di Natale di Topolino. Non starò qui a spiegarvi perché, secondo me, il mediometraggio animato del 1983 è davvero una piccola perla natalizia, perché già l’ho fatto in un passato articolo che potete recuperare qui! Nell’articolo di oggi, invece, vi porterò con me e con Scrooge nel folto di alcune tradizioni tipiche del Natale che appaiono all’interno del film. 

Dal bacio sotto il vischio, nella scena del ballo da Fezziwig, passando per Paperino/Fred che si presenta alla porta di Paperone/Scrooge con un’enorme ghirlanda in mano urlando un’entusiasta “Merry Christmas!” (e ricevendo in cambio un sonoro “Bah bubbole” che più lo sentiamo ad ogni visione e più amiamo Scrooge); fino alla cena di Natale a cui Scrooge non intende partecipare; il film è pieno di piccole tradizioni tipiche del Natale disseminate qua e là. Proprio di loro parlerò oggi, di cosa significano e delle loro origini, spesso tanto leggendarie e mitologiche che uno nemmeno se lo aspetterebbe. 

Quindi, aggrappatevi al Fantasma del Natale Passato e immergiamoci insieme nella magica atmosfera del Natale! 

1. I canti di Natale – la tradizione dei ‘carols’

Nella primissima scena del film fanno la loro comparsa, in un piccolo ma divertente cameo, Ezechiele Lupo vestito da Babbo Natale e i tre porcellini, protagonisti della nota Silly Simphony del 1933, (chi ha visto Canto di Natale saprà che è pieno di comparse e camei di personaggi disneyani di ogni genere). Ebbene, il piccolo gruppetto è chiaramente impegnato in un’attività molto tipica del Natale, soprattutto nei paesi anglosassoni. Sto parlando dei carols, ossia le canzoni cantate dai carolers, i cantanti che vanno per strada, o di casa in casa, a cantare in coro canti natalizi. 

Non per niente il titolo del libro di Dickens è, appunto, A Christmas Carol, Canto Di Natale, e si riferisce proprio a quest’antica tradizione.

Ma cosa s’intende esattamente con la parola ‘carol’? Carol è tradotto, oggi, con la parola canto o ballata e indica le canzoni tipiche del Natale che tutti conosciamo. In realtà però, originariamente, il termine indicava una poesia, spesso di forma popolare, accompagnata da musiche anche danzabili. Nel tardo Medioevo, in particolare, i carols potevano indicare dei canti popolari, spesso di discendenza pagana, oppure canti usati per le festività inglesi a corte durante i banchetti, o ancora durante le processioni; insomma, il loro uso era davvero molto vario. Inizialmente, quindi, erano diversi dalla concezione che gli diamo noi oggi, ossia dei tradizionali cori natalizi cantati porta a porta, che spesso si vedono nei film. Nel 15° secolo i carols iniziarono ad essere usati per argomenti di vario tipo, si andava da quelli di stampo religioso, a quelli di stampo sociale, o anche per banchetti di stampo decisamente più popolare. 

Pic. Credit: May be found at the following website: [1], Fair use-wikicommons

Con l’avvento della Riforma protestante, però, l’uso dei carols iniziò a declinare sempre di più. Bisognerà aspettare il 18° e il 19° secolo perché vengano ripresi e riportati in vita. Questi nuovi carols, però, erano ben diversi da quelli di tipo medievale. Da allora in poi, infatti, soprattutto durante il periodo vittoriano, i carols prendono quel significato che gli diamo noi oggi, ossia di Christmas carols, il canto natalizio cantato dai carolers, i cantori o coristi, che dir si voglia, che cantano all’aperto per strada, andando casa per casa o al massimo nelle chiese durante il periodo natalizio. 

Durante l’epoca vittoriana, in Inghilterra, inoltre, il Natale si trasformò in un periodo di vacanza, in cui le famiglie e gli amici potevano riunirsi per stare insieme e festeggiare. In questo periodo, quindi, la musica natalizia diventò una vera e propria tradizione e fu da lì che il significato dei carols si andò trasformando, iniziando ad essere associato alle canzoni tipiche del Natale cantate per strada. La tradizione di andare per strada, inoltre, potrebbe essere stata ispirata anche da un’altra antica usanza inglese che, probabilmente, venne unita a quella dei carols, ossia quella del ‘wassailing’. I wassailer, quelli che lo praticavano, erano dei gruppi di cantori che andavano in giro per la città cantando e venivano ricompensati con una bevanda calda e speziata, spesso a base di sidro, nota, appunto, come wassail. I wassailer cantavano i carols natalizi e da lì la tradizione ha preso sempre più piede. 

2. La ghirlanda di Natale

La scena in cui Paperone/Scrooge battibecca con Paperino/Fred e, letteralmente, lo ‘inghirlanda’ è davvero una delle più divertenti di tutto il film. Da dove viene, però, la tradizione delle ghirlande natalizie?? 

Ebbene la ghirlanda, come simbolo di celebrazione, vittoria e onore, in realtà ha origini davvero molto antiche. Già gli antichi egizi, infatti, erano soliti cucire delle ghirlande usando fasce di lino. Inutile dire, poi, che gli antichi greci e gli antichi romani erano dei maestri per ciò che riguarda ghirlande e corone. In questi casi venivano fatte con rami di ulivo, di pino, di alloro o anche di sedano e palma. Erano usate per onorare gli atleti durante i Giochi Olimpici, o come premio per poeti e oratori. Spesso, inoltre, nell’antica Grecia, i giovani innamorati appendevano le ghirlande alle porte degli amanti in segno di affetto. Anche durante il Rinascimento, in Italia, si usava indossare ghirlande durante le occasioni di festa. In generale, inoltre, sono sempre state usate nel corso del tempo, per decorare case, edifici importanti e templi. È così che l’uso delle ghirlande, nelle occasioni festive, ha preso sempre più piede. In Inghilterra, ad esempio, durante l’epoca vittoriana, si usava circondare la sedia dell’ospite d’onore durante i banchetti, con una corona di fiori. 

corona dell'avvento
Corona dell’Avvento – Pic. Credit. Di Clemens PFEIFFER, CC BY 2.5

Le ghirlande di Natale presero piede insieme alla tradizione dell’Albero di Natale (di cui vi parlerò a breve). Spesso erano fatte con gli scarti di potatura dell’albero stesso e venivano usate poi come decorazione da appendere ai rami. Solo successivamente vennero usate come decorazione autonoma, da appendere alle porte o per abbellire i tavoli a Natale. 

Unita alla tradizione delle ghirlande, inoltre, è l’usanza della Corona dell’Avvento, una trazione natalizia molto in voga nei paesi germanici e anglosassoni. È una corona fatta di rami sempreverdi, intrecciati tra loro, come una vera e propria ghirlanda. All’interno di questa corona vengono messe quattro candele che simboleggiano le quattro domeniche dell’Avvento. Fu il pastore protestante Johann Hinrich Wichern, nell’800, a ideare la prima Corona dell’Avvento, per venderla e ricavare aiuto per i poveri. 

3. Il Bacio sotto il vischio 

La tradizione più romantica del Natale è, senza ombra di dubbio, quella del bacio sotto il vischio. Nel film Disney Paperina/Isabelle strappa, letteralmente, un bacio a Paperone/Scrooge in una maniera decisamente divertente. 

Loki inganna Hǫðr per colpire Baldr – wikicommons P.d.

Ma da dove nasce questa tradizione?? Ebbene, anche in questo caso, c’è lo zampino dei popoli più antichi, oltre che di leggende e mitologie. In particolare, il vischio è sempre stato un simbolo di salute, vita e fertilità. I greci lo usavano come cura per malanni di vario genere e come antidoto contro veleni e ulcere. Per i druidi celti, dato che il vischio fioriva anche durante gli inverni più gelidi, era simbolo sacro di fertilità e per questo veniva somministrato ad uomini e animali come antidoto in caso di infertilità.

Ma la leggenda che, più di tutte, ha legato il vischio alle romanticherie natalizie viene dalla mitologia norrena che ha per protagonisti gli dei Baldr, Loki (si proprio lui), e la dea Frigg. Secondo la leggenda, quando a Frigg, dea del matrimonio, venne profetizzato che suo figlio Baldr sarebbe morto prematuramente, questa, per evitare al figlio l’infausto destino, decise di recarsi da tutti gli elementi, piante, animali e altro, per far loro giurare di non arrecare alcun male al figlio. Il problema sorse quando si dimenticò di far giurare la pianta del vischio

Dal momento che Baldr era diventato invulnerabile quasi a tutto, gli dei iniziarono a divertirsi circondandolo e colpendolo con ogni genere di oggetto. Loki, il dio dell’inganno, decise di approfittare del gioco e della dimenticanza di Frigg, per creare dei dardi avvelenati proprio dal vischio, l’unico tallone d’Achille del povero Baldr, e usarli durante il gioco per colpire il malcapitato. Andò quindi dal fratello cieco di Baldr, Hǫðr, e dopo averlo convinto a partecipare al gioco, gli consegnò i dardi avvelenati dal vischio. 

L’inconsapevole Hǫðr scagliò il dardo e questo trafisse Baldr che ne rimase ucciso. A questo punto ci sono due versioni della leggenda. Secondo una versione Frigg, addolorata, scoppiò in lacrime e queste si trasformarono in bacche di vischio, che da allora vengono appese alle porte in segno di rispetto. Secondo un’altra versione gli dei riuscirono a resuscitare Baldr e da allora Frigg dichiarò il vischio simbolo di amore universale e giurò che avrebbe baciato tutti coloro che sarebbero passati sotto di esso.

Ecco quindi che il vischio ha assunto, nel corso dei secoli, una valenza beneaugurante e fortunata, legandosi sempre più alla tradizione natalizia, facilitato dal fatto che è una delle poche piante in grado di resistere al gelo invernale di molti paesi anglosassoni e germanici. Charles Dickens, inoltre, fu, effettivamente, uno dei primi a legarlo alle tradizioni natalizie, all’interno della sua opera. 

4. L’albero di Natale

Nel film Disney vediamo più volte qualcuno addobbare un albero di Natale. Prima da Qui, Quo e Qua durante la festa da Fezziwig e poi da Topolino/Bob e i suoi figli, durante la scena del Fantasma del Natale presente. Ma da dove nasce la tradizione di addobbare l’albero di Natale??

tradizioni natalizie - albero di natale - famiglia reale sotto l'albero
La famiglia reale attorno all’Albero di Natale – wikicommons P.d.

Ebbene, anche in questo caso, la tradizione di addobbare alberi è piuttosto antica e risale ai culti pagani e agli antichi celti.

I celti, ad esempio, decoravano le querce con frutta e candele, durante il solstizio d’inverno e in generale gli alberi erano considerati simbolo di fertilità e rigenerazione. Il cristianesimo, come accade molto spesso, adottò questi riti e li fece diventare parte integrante dei culti cristiani. Tuttavia, il dibattito sulla paternità e l’origine della tradizione dell’albero di Natale è ancora aperto. Secondo alcuni pare abbia avuto origine in Germania quando nel 723 San Bonifacio, missionario inglese, incontrò un gruppo di persone che preparavano un sacrificio in onore del dio Thor, nel giorno del Solstizio d’inverno, presso una grande quercia. Allora il missionario, prese un’ascia e abbatté l’albero. Dopodiché, lesse alcuni passi del Vangelo e offrì alle persone un abete in cambio della quercia, in segno di pace a simboleggiare la vita eterna, dichiarandolo “albero santo”, per via del fatto che era un sempreverde e perché la sua punta indicava al cielo. Così, da allora, prese piede l’usanza di addobbare gli alberi di abete. 

Ovviamente non sappiamo se la storia è vera oppure no, ciò che sappiamo, però, è che gli alberi sempreverdi come gli abeti e i pini, entrano a far parte dei riti cristiani in Germania dal Medioevo in poi, dove venivano considerati “alberi del paradiso”. L’usanza era quella di appendervi delle mele ed esporli il 24 Dicembre. Inoltre, pare che Martin Lutero abbia introdotto l’usanza di appendere delle candele accese sugli alberi del paradiso che poi, nel corso del tempo, si sono evoluti in alberi di Natale. In seguito i tedeschi, emigrando, portarono questa tradizione negli altri paesi e pare che fu Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, Principe Consorte della Regina Vittoria, ad introdurre l’usanza in Inghilterra. La coppia reale rese gli alberi di Natale una parte importante delle festività e nel 1848 un giornale inglese, il London News, pubblicò un’illustrazione che mostrava la famiglia reale riunita attorno ad un albero decorato. Fu così che da allora, durante l’epoca vittoriana, l’usanza di addobbare gli alberi divenne sempre più popolare. 

5. Pranzi e cene di Natale

La tradizione che, però, senza dubbio accomuna davvero tutti nel mondo è il cibo. Come sempre del resto. Quale occasione migliore del Natale per incontrarsi tutti davanti ad una tavola imbandita di ogni ben di Dio??? Il ‘Canto di Natale di Topolino’, ovviamente, non fa eccezioni in merito. Non solo Paperino/Fred fa di tutto per convincere Ebenezer/Zio Paperone a partecipare alla cena di Natale da lui organizzata; ma anche quando Ebenezer riceve la visita dello spirito del Natale presente si ritrova davanti ogni sorta di leccornia, tipica proprio delle tavole natalizie, se non altro di quelle inglesi, dove il film è ambientato. 

Ovviamente, come tutti potete immaginare, ogni paese (e talvolta anche ogni regione di un paese, come potrebbe essere il caso dell’Italia) ha una sua tradizione culinaria tutta particolare. Ecco quindi che nel corto compaiono tutti i cibi natalizi tipici del Regno Unito e dei paesi anglosassoni in generale.

Tacchini e oche

Innanzitutto va specificato che il doppiaggio italiano ha apportato, in alcuni casi, vari cambiamenti ai piatti che Ebenezer nomina o che si vedono nel film. Primo fra tutti il tacchino, che pure compare nel cartone ma, inizialmente, quando Ebenezer viene invitato a cena dal nipote, in inglese parla di “Oca arrosto con ripieno di castagne” e non di tacchino come invece dice nella versione italiana. Ad ogni modo, poiché entrambi sono pasti tipici del Natale, e dato che Ebenezer regala a Bob/Topolino proprio un tacchino a fine film, vi parlerò di tutti e due. 

Per quanto riguarda il tacchino, in molti casi ripieno in vari modi, questi è senza dubbio il re delle tavole natalizie in molti paesi, non solo anglosassoni.

Ma come ha fatto questo alimento a diventare un cibo immancabile delle cene natalizie britanniche? 

Innanzitutto va detto che il tacchino è un animale essenzialmente americano ed è proprio dalle Americhe che i tacchini arrivarono in Europa, per la prima volta, grazie agli spagnoli nel ‘500. Secondo alcuni racconti il primo re britannico a mangiare tacchino e ad introdurlo come cibo tipico dei periodi festivi, pare sia stato Enrico VIII. Ovviamente poi, nel corso dei secoli, grazie all’intensificarsi dei commerci, i tacchini diventarono sempre più frequenti e vennero istituiti anche i primi allevamenti. Secondo alcuni studiosi, però, bisognerà aspettare tempi relativamente più recenti, intorno alla metà dell’800, perché il tacchino diventi davvero “di moda” sulle tavole addobbate degli inglesi. Prima, infatti, secondo gli storici, erano un’esclusiva delle tavole dei più ricchi e dei più nobili. Invece, durante l’epoca vittoriana, iniziarono a diventare sempre più popolari, anche grazie proprio al racconto di Dickens, da cui il nostro amato corto è tratto. In ‘Canto di Natale’ Dickens racconta, infatti, che Scrooge regala a Cratchit un tacchino enorme in sostituzione dell’oca che questi ha preparato, non potendo permettersi altro. 

Ma come viene servito?? 

Ovviamente ognuno ha la sua ricetta classica per il tacchino, da quello ripieno di castagne o frutta secca, a quello cucinato con la pancetta per renderlo più morbido, fino a quello bagnato con il vino rosso e così via. Per darvi un’idea vi rimando a questo sito in cui trovate varie ricette in merito. Mentre qui trovate la ricetta del tacchino con le castagne.

Per quanto riguarda l’oca, nel corto Ebenezer in inglese fa riferimento ad una “plump goose with chestnut dressing”, ossia “l’oca arrosto ripiena di castagne”. Come detto, già nell’opera di Dickens si fa riferimento ad un oca. Ed infatti, molto prima che il tacchino arrivasse a scalzarle il posto, era proprio l’oca la regina della tavola. E quella ripiena di castagne è una delle ricette più tradizionali del Natale. Questo perché la carne dell’oca, anticamente, era molto più facile da trovare rispetto a quella del tacchino, anche per i più poveri. 

Maialino di latte

Un altro piatto tipico delle tavole di Natale è quello del maialino da latte arrosto, in cui Ebenezer si imbatte durante la visita dello spirito del Natale presente (alias il gigante Willie). Ebbene anche in questo caso, secondo alcuni, la tradizione di consumare questa carne pregiata, pare risalga agli antichi romani. Secondo gli studi, la sua consumazione potrebbe risalire addirittura ai “Saturnalia”, una celebrazione romana di cui vi abbiamo parlato qui, che cade proprio in questo periodo dell’anno nel mese di Dicembre. 

Inoltre, ad avvalorare la tesi, c’è il fatto che, il 18 Dicembre, quindi vicino ai festeggiamenti del Natale, c’è il “National Roast Suckling Pig Day” ossia la giornata internazionale del maialino da latte arrosto, interamente dedicata a questo piatto. Personalmente mai avrei immaginato che ci fossero giornate internazionali del genere, ma tant’è.  

Ad ogni modo, anche in questo caso, poi, nel corso dei secoli, questo piatto è diventato uno dei pasti centrali del Natale per molti paesi del Nord Europa, Inghilterra compresa, e con il passare del tempo la tradizione si è estesa anche in altri continenti, giungendo fino a paesi decisamente più esotici, come ad esempio Cuba. 

La torta alla frutta 

Torta alla frutta inglese – Credits to: TheMightyGrog – Own work, CC BY-SA 4.0

Un’altra tradizione natalizia molto comune, sia nel Regno Unito che in tanti altri paesi anglosassoni, è la famigerata torta alla frutta. 

Anche in questo caso nel film in italiano viene tradotta in “torta alla frutta con salsa di limone“, ma in inglese si parla di “plum pudding” with lemon sauce. Le due cose si somigliano e sono entrambi dolci tipici delle feste, ma il plum pudding, o “christmas pudding”, non è esattamente una torta vera e propria ma più un budino. 

Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda la torta alla frutta, si tratta di un succulento dolce, anche abbastanza calorico contrariamente a quanto si può pensare, che compare anche nel cortometraggio “Frozen  – le avventure di Olaf”, dove è sempre collegato con il Natale. La torta di frutta natalizia non è semplicemente un dolce tradizione delle feste è IL dolce tradizionale, in qualsiasi salsa e forma voi lo vogliate trovare. 

Di fatto, per molti versi, ha delle vaghe somiglianze con il nostro panettone. Almeno per ciò che riguarda parte degli ingredienti, anche se la forma e la consistenza è decisamente diversa, spesso più simile ad un plumcake e, soprattutto, più compatta e meno soffice del nostro caro dolce nostrano. Sinceramente il panettone è anche molto più bello e pomposo a vedersi. 

Ad ogni modo, la torta di frutta, pur essendo tipica del mondo anglosassone, in realtà ha origini del tutto diverse dalle fredde terre inglesi. Risarebbe, infatti, secondo alcuni studiosi, all’epoca romana, quando era fatta di orzo, miele, vino, frutta secca e semi di melograno e veniva usata a mo di barretta energetica dai soldati romani. Solo successivamente, nel corso dei secoli, si è andata espandendo diventando un dolce tipico in molti paesi di lingua e cultura anglosassone. La moderna torta di frutta sembrerebbe essere nata nel periodo medievale, quando vennero aggiunti altri ingredienti che ancora oggi questa torta porta con se, fra cui lo zucchero, che si fece più diffuso, e la frutta candita, che divenne il metodo più comodo, in certi paesi come l’Inghilterra, per conservare la frutta. Con il passare dei secoli, poi, è diventa sinonimo di dolce festivo, tanto da essere servita non solo a Natale ma, soprattutto in Inghilterra, anche durante i matrimoni. Pensate che sia per il matrimonio di Diana e Carlo, sia per quello di William e Kate è stata servita una torta alla frutta. 

Pur essendo tipicamente inglese, comunque, questa torta si può ritrovare in molti altri paesi e culture come l’Australia, il Canada o la Germania, dove pur assumendo nomi o forme diverse, è sempre fatta più o meno con gli stessi ingredienti e viene consumata durante il periodo di Natale. 

Queste torte, però, spesso sono anche servite con salse di accompagnamento. Fra queste sia la citata salsa al limone di Ebenezer, ma soprattutto salse a base di alcol come il brandy, o salse allo zenzero, al caramello, a base di panna o crema, insomma, c’è veramente l’imbarazzo della scelta. 

Qui potete trovare una ricetta in inglese della torta di frutta tradizionale. 

Plum pudding – Credits to: Musical Linguist, CC BY-SA 3.0

Per quanto riguarda il plum pudding, anche quest’ultimo compare nell’opera di Dickens ed è anch’esso uno dei dolci più tradizionali delle tavole natalizie. Gli ingredienti sono più o meno gli stessi della torta alla frutta ma la consistenza è decisamente diversa perché è più una specie di zuccotto o budino. Le sue origini risalgono al periodo medievale, dove veniva fatto anche a base di carne, oltre che di cereali, verdure e frutta secca. Quindi, inizialmente, era salato e solo nel XVI secolo, quando la frutta secca e lo zucchero erano più abbondanti, diventò un dolce. Quello moderno e tradizionale, però, si è consolidato durante l’epoca vittoriana. Anche in questo caso può essere servito con varie salse e rifiniture. 

Spiced Cakes e dolcetti allo zenzero

Fra gli altri piatti tipici nominati nel film c’è anche la “spiced sugar cake”, che in italiano diventa “i dolcetti allo zenzero”. Anche in questo caso si tratta di due cose tipiche del Natale che però non sono esattamente la stessa cosa. 

La prima è un tipo di torta classica, a volte a forma di ciambella, fatta con impasti a base di burro, uova e spezie come cannella, zenzero, vaniglia, chiodi di garofano e cose del genere. Spesso, però, le ricette di questo tipo di torte finiscono per fondersi con quelle delle succitate torte alla frutta; quindi, la loro storia non è univoca e non vi è una ricetta originale. Almeno io non sono riuscita a trovarla nelle mie ricerche. 

Per quanto riguarda i dolcetti allo zenzero, è probabile che tale traduzione si riferisca ai famosi omini di pan di zenzero che spesso compaiono in molti film e cartoni a tema natalizio. 

Foto di ivabalk da Pixabay

Questi famosissimi biscotti, secondo alcune leggende, sarebbero nati per volere della Regina Elisabetta I che incaricò i suoi pasticceri di preparare questo particolare tipo di biscotti, dandogli una forma umana per rappresentare i dignitari stranieri e le persone a corte. Secondo altre leggende, invece, questi omini venivano preparati come una sorta di filtro d’amore. Chi li avesse mangiati si sarebbe innamorato perdutamente di chi li aveva preparati. 

Che siano vere o meno queste leggende, certo è che questi dolcetti sono diventati super famosi nel corso del tempo, anche grazie al cinema che ha contribuito ha renderli ancora più noti. 

Frutta candita

Altra delizia tipica delle feste citata nel film è la frutta candita su cui, in realtà, ho poco da dire. Se non altro perché già ne ho fatto accenno quando vi ho parlato della torta alla frutta, di cui la frutta candita è uno degli ingredienti principali. 

Anch’essa ha un’origine antichissima, perché la frutta veniva conservata con il miele fin dai tempi degli antichi Romani. Quando poi lo zucchero iniziò a fare capolino in Occidente grazie ai commerci, la frutta iniziò ad essere candita e conservata con lo zucchero. E data la mancanza di frutta fresca durante il periodo invernale, soprattutto nei paesi più a nord, è diventa presto un cibo immancabile delle feste. 

Detto questo, siamo giunti alla fine di questo excursus natalizio nelle tradizioni che compaiono all’intero di questa piccola perla che è il “Canto di Natale di Topolino“. E a proposito di perle, se volete leggere una mia personale recensione del film vi rimando ad un vecchio articolo che potete leggere qui

Detto ciò, vi auguro un felicissimo e sereno Buon Natale e, come sempre, se l’articolo vi è piaciuto, fatecelo sapere sui nostri canali social, magari raccontandoci qual è la vostra tradizione di Natale preferita! 

Fonti: